Alberto Stasi, l’unico in carcere per l’omicidio di Chiara Poggi, può conservare la semilibertà, il provvedimento lo scorso luglio, ma ora sono state pubblicate le motivazioni: “Il Tribunale di sorveglianza, muovendo dal grave delitto commesso da Stasi, ha scrupolosamente analizzato le risultanze del trattamento, apprezzando, mediante argomentazioni analitiche, logiche ed esaurienti, qui incensurabili, l’evoluzione favorevole di personalità da esse riflessa – così nelle motivazioni della sentenza del 1 luglio che confermava la semilibertà – indicativa della progressiva risocializzazione del detenuto, pienamente convalidata da tutti gli operatori penitenziari”.
Chiara Poggi (Ansa)
Alberto Stasi, condannato in via definitiva per l’omicidio di Chiara Poggi a Garlasco, non presenta dunque motivi nei suoi atteggiamenti per una revoca della libertà parziale che gli permette di uscire dal carcere e lavorare in esterno.
Il ricorso, ed il rigetto
La prima sezione penale della Suprema Corte Cassazione (presidente Giuseppe Santalucia), infatti, aveva rigettato il ricorso della Procura Generale di Milano contro l’ordinanza del 9 aprile che aveva ammesso Stasi al regime della semilibertà. Il ricorso, in particolare, vedeva al centro un’intervista in tv di Stasi durante un permesso premio.

Chiara Poggi delitto Garlasco (Tgr Lombardia)
L’intervista rilasciata a Mediaset che “Non inficia il percorso”
Il Tribunale, scrive la Cassazione, “ha specificamente valutato, in chiave trattamentale, l’esistenza dell’intervista, ma, dopo averne ricostruito toni e contenuto per il tramite della Direzione penitenziaria, ha ritenuto che il suo rilascio non violasse le prescrizioni al cui rispetto la fruizione del permesso premio era vincolata e non rappresentasse un fattore tale da inficiare il proficuo percorso trattamentale in atto”.

TG3/Fichera (Rai)
Esistenza di criticità residue di personalità
Il Tribunale, spiega ancora la Cassazione, “non ha sottaciuto, infine, l’esistenza di criticità residue di personalità, legate non già dunque all’intervista, mantenutasi nei limiti della continenza, quanto alla tendenza dell’interessato ad autoproteggersi e ad accreditare all’esterno un’immagine positiva della propria persona”.
La Procura generale di Milano lamentava “l’omessa o inadeguata valutazione” da parte della Sorveglianza “dell’infrazione posta in essere da Stasi durante la fruizione del permesso premio ottenuto nel marzo 2025, nel corso della quale il condannato aveva rilasciato un’intervista” a ‘Le Iene’, “senza aver ottenuto alcuna previa autorizzazione”. Il “condannato – stando al ricorso -aveva approfittato dello spazio di libertà concessogli per conquistarsi ‘una tribuna pubblica’ che non gli sarebbe spettata, oltretutto a fronte di nuove delicate indagini preliminari in corso sul medesimo omicidio”. Ossia quelle riaperte a carico di Andrea Sempio.
Le “Criticità personologiche già emerse”
Sempre la Procura generale contestava la “omessa ponderazione delle criticità personologiche già emerse all’atto della concessione del primo permesso premio, che non risulterebbero superate, apparendo semmai acuite alla luce dell’osservazione penitenziaria successiva, e che avrebbero dovuto formare oggetto, in vista del possibile avanzamento trattamentale, di ponderata rivalutazione”.
Per la Suprema Corte, invece, i giudici della Sorveglianza “con motivazione non lacunosa ed esente da profili di incoerenza o contraddittorietà”, hanno “ritenuto tali aspetti non di pregnanza tale, alla luce del contesto complessivo e delle risorse a disposizione del condannato, da precludere l’ammissione alla richiesta misura alternativa, comunque di tipo marcatamente contenitivo”.

Alberto Stasi, Chiara Poggi, Andrea Sempio (Ansa)