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Home » Quindicenne rapinato, l’aggressore resta in carcere: “Elevate capacità criminali”
Cronaca

Quindicenne rapinato, l’aggressore resta in carcere: “Elevate capacità criminali”

Di Sala Notizie24 Dicembre 20254 min di lettura
Quindicenne rapinato, l’aggressore resta in carcere: “Elevate capacità criminali”
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Quindicenne rapinato, l’aggressore resta in carcere: “Elevate capacità criminali”

Il gip dei minorenni di Milano ha convalidato l’arresto e disposto il carcere per i tre ragazzini che, assieme a un amico di 20 anni, hanno aggredito e rapinato, un 15enne che, domenica sera, si trovava nella zona di Corso Buenos Aires, a Milano. Lo stesso provvedimento è stato preso per il maggiorenne.

Ha dimostrato di avere “una capacità criminale elevatissima” e quindi deve restare in cella  il 20enne, accusato, con due amici e una ragazza minorenni, di aver aggredito e rapinato, un 15enne che, domenica sera, si trovava nella zona di Corso Buenos Aires, a Milano. I ragazzi in una ventina di minuti di violenze e botte, si sono fatti consegnare il giubbotto, le scarpe e il cellulare e ha cercato di ottenere dai genitori della vittima, dietro minacce di morte nei confronti del loro figlio, la ricarica di 100 euro della carta prepagata.   

Mentre stamane per tre ore, al Cpa del Beccaria, sono stati interrogati i tre minori, il gip Tommaso Perna ha convalidato l’arresto e applicato la misura della custodia cautelare del carcere per il maggiorenne, ritenendo i reati commessi dal ragazzo di origini tunisine e residente in un dormitorio della Bergamasca, ossia la rapina aggravata e la tentata estorsione(non ha riconosciuto il sequestro di persona) “gravissimi, non soltanto nominalmente, ma per le concrete modalità in cui essi sono stati eseguiti”. Infatti, si legge nel provvedimento, l’aggressione  messa in atto dai quattro, si sarebbe “dipanata(…)  per un arco temporale piuttosto lungo, durante il quale egli ha sempre mantenuto ferma la sua ferrea volontà di depredare la vittima, svestendola in modo da attenuare ulteriormente la sua capacità di difesa”.

Come scrive il gip Tommaso Perna, “anche dopo aver compreso che la carta prepagata non era capiente, lungi dal desistere, l’indagato ha costretto la vittima a recarsi comunque presso un bancomat e a chiamare il padre per chiedergli di effettuare una ricarica, non esitando a minacciare direttamente il padre di uccidere il figlio laddove egli non avesse acconsentito”.   Infine, conclusa la telefonata a casa con il cellulare che gli era stato momentaneamente riconsegnato, “il branco” ha proseguito “nella sua azione violenta, tanto che la ragazza del gruppo” avrebbe preso a calci alle gambe e da dietro la vittima e gli altri due minorenni lo avrebbero colpito con “delle cinghiate al corpo e (…) con degli schiaffi al volto”.   “Il tutto con il beneplacito dell’odierno indagato, unico maggiorenne e fisicamente più prestante degli altri, che assisteva alla scena e forniva il suo supporto anche morale agli altri, che così si sentivano liberi di infierire contro la vittima. Addirittura, dopo che” il 15enne “aveva implorato il branco di restituirgli il cellulare in cambio delle sue scarpe “la baby gang, si sarebbe tenuta sia il telefono sua le scarpe” costringendo la vittima a camminare scalza”.

“Mio figlio è un ragazzo coraggioso, ci ha detto di non aver avuto paura. Ha qualche livido, ma a fargli male è stato altro: il fatto che nessuno sia intervenuto“. La madre del 15enne che domenica sera è stato sequestrato e rapinato in corso Buenos Aires, a Milano, punta il dito contro l’indifferenza.

“Nonostante abbia fatto capire la situazione alle persone che incrociava per strada, nessuno si  è mosso“, dice la donna in una intervista a la Repubblica e il Giorno. “Hanno visto in tanti, decine di persone. E poi magari sono le stesse che, tornando a casa, versano una lacrima vedendo le scene che arrivano dai teatri di guerra. Legittimo. Ma, non appena vedono un ragazzino rimasto scalzo, a 4 gradi, non fanno nulla. Non chiamano il 112, non seguono questo gruppo magari nascondendosi dietro a un palo, nulla. Poteva morire, mio figlio“.

La donna ha deciso di parlare proprio per questo motivo, “per non fare come quelle persone di corso Buenos Aires. Perché serva a qualcuno. Questa società produce disgrazia e indifferenza. Gente che si lamenta, che invoca sicurezza, chiede galera, ma guarda e passa oltre. Dico: hai paura? Io, che ho sessant’anni, forse non sarei intervenuta in prima persona. Ma non molli un ragazzino rapinato e sequestrato”. 

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