
Il 2025 si sta chiudendo con un boom storico per i metalli preziosi e diverse materie prime. L’oro ha superato i 4.530 dollari l’oncia (oltre 4.500 dollari spot il 26 dicembre), segnando un aumento del 70-74% dall’inizio dell’anno – il maggior guadagno annuale dal 1979. L’argento ha brillato ancora di più, toccando picchi oltre i 76 dollari l’oncia (con valori intorno ai 74-75 dollari recenti), per un rally del 150-164% year-to-date, trainato da deficit di offerta e domanda industriale esplosiva.
Le ragioni di questa corsa al rialzo sono molteplici. Innanzitutto, le tensioni geopolitiche: dal blocco USA su petroliere venezuelane a conflitti in corso, hanno spinto investitori verso asset rifugio. Il dollaro debole (in calo settimanale) ha reso i commodity più appealing per acquirenti esteri. Le aspettative di tagli dei tassi Fed ulteriori nel 2026 riducono il costo opportunità di detenere metalli non remunerativi. A ciò si aggiungono acquisti massicci delle banche centrali (per diversificare riserve dal dollaro) e flussi record in ETF.
Non solo preziosi: anche platino e rame hanno toccato massimi, con quest’ultimo sostenuto da domanda per transizione verde e AI. Analisti come quelli di Bloomberg e Reuters prevedono continuità nel 2026, con oro verso i 5.000 dollari e argento potenzialmente a 80-90 dollari, pur con possibili consolidamenti. In un mondo di incertezza fiscale e de-dollarizzazione, oro e argento si confermano hedge strutturali.