Drammatico bilancio quello di domenica 15 giugno, quando cinque giovani, in cinque località e situazioni diverse, sono morti in acqua. Un bambino di 10 anni ha perso la vita nel lago di Bilancino, mentre nuotava nei pressi della spiaggia di Cavallina, un punto molto frequentato dai bagnanti della zona di Barberino del Mugello (Firenze). Poche ore dopo, un’altra tragedia si è verificata in Emilia-Romagna, al camping Tahiti di Lido Nazioni, nel Ferrarese, dove un bimbo di 6 anni, di origine tedesca, ha perso la vita dopo un tuffo in piscina.
Sempre nel Ferrarese, al Lido degli Estensi, è morto un bambino di 11 anni dopo essere scomparso in mare e poi ritrovato, a pochi metri dalla riva, privo di sensi. Inoltre, drammaticamente ancora nel Lido degli Estensi, un 16enne di origini magrebine che viveva a Rovigo, vedendo due bagnanti in difficoltà all’altezza del canale Logonovo, si è tuffato per metterli in salvo, perdendo lui stesso la vita.
In Umbria, in un piccolo bacino artificiale a Pieve Caina, nel Marscianese, un 13enne che si trovava lì per festeggiare la fine dell’anno scolastico, non è riemerso dopo essersi tuffato.
Questi drammi riaccendono, tragicamente, i riflettori sul problema: in Italia, nel corso degli ultimi 20 anni, si registra un numero oramai abbastanza costante di circa 350 annegamenti all’anno. In media, i due terzi di questi annegamenti avviene lungo i litorali marini e un terzo nelle acque interne. In mare, la prima causa di annegamento sono le correnti di ritorno; seguita dagli annegamenti di non-nuotatori, quelli per malore, durante la pratica di uno sport acquatico e per caduta. Circa il 10-12% di tutti gli annegamenti riguarda la fascia di popolazione tra 0 e 19 anni.
Dati dell’Istituto Superiore di Sanità e report dell’OMS
Questi sono i dati pubblicati dall’Istituto Superiore di Sanità che indicano anche che, negli ultimi 5 anni, la metà degli annegamenti di bambini e ragazzi tra l’ 1 e i 14 anni avviene nelle piscine in prevalenza domestiche. I dati, insieme ad alcuni consigli utili per la prevenzione, sono stati raccolti dall’Osservatorio nazionale annegamenti per lo sviluppo di una strategia nazionale di prevenzione degli annegamenti ed incidenti in acque di balneazione.
Nel 2014, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) pubblicò il primo “Global Report on Drowning: preventing a leading killer” (WHO, 2014), ponendo in forte evidenza l’entità del problema: ogni ora di ogni giorno più di 40 persone perdono la vita per annegamento. L’OMS chiede a tutti i Paesi di attivare delle strategie di coordinamento a livello nazionale in tutti questi settori e azioni di prevenzione degli annegamenti al fine di definire un Piano Nazionale di Sicurezza per le Acque, possibilmente con indirizzo da parte del settore salute.
Il 29 maggio 2023, la 76° Assemblea Mondiale della Sanità ha adottato la sua prima risoluzione in assoluto sulla prevenzione dell’annegamento, chiedendo ai Governi e ai loro partner, in collaborazione con l’OMS, di accelerare l’azione di prevenzione dell’annegamento fino al 2029.
La Giornata Mondiale per la Prevenzione dell’Annegamento
Il 25 luglio di ogni anno si celebra la Giornata Mondiale per la Prevenzione dell’Annegamento, istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per sensibilizzare sull’importanza della prevenzione degli incidenti da annegamento, una delle principali cause di morte prevenibili a livello globale, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Le cause
“Tra le cause degli annegamenti in laghi e fiumi, il 10% dei circa 400 annegamenti che si verificano ogni anno in Italia, la principale è la bassa temperatura dell’acqua: fino a 10 gradi centigradi in meno rispetto a quella del mare. In molti, dopo una lunga esposizione al sole con una temperatura esterna che spesso tocca o supera i 33 gradi, si tuffano improvvisamente” nelle acque dove la temperatura è di 12 gradi, talvolta anche 6, rispetto ai 22 gradi in media del mare. Un errore che in tanti pagano caro, spiega Fulvio Ferrara, esperto dell’Osservatorio nazionale annegamenti, istituito dal ministero della Salute nel 2017 per capire le dinamiche degli incidenti in acqua.
Le vittime sono spesso non nuotatori e le morti per annegamento sono una “malattia sociale”
“I malori per choc termico – spiega ancora il ricercatore dell’Istituto superiore di sanità – sono frequenti e spesso mortali. Inevitabilmente lo sbalzo di temperatura provoca una perdita di coscienza per mancanza di sangue che arriva al cervello. Quindi la persona sviene e inala acqua” fino ad annegare. Ma intervengono anche altri fattori, ovvero le vittime sono spesso non nuotatori. Sono giovani che provengono da Paesi quali Africa e Asia, che non sanno nuotare e che non possono, per motivi economici, permettersi una giornata in uno stabilimento balneare. Farsi un tuffo nel fiume o nel lago è più alla loro portata. Ma sappiamo bene che nelle acque interne non c’è la sorveglianza e la vigilanza che troviamo nei lidi marini. Per questo motivo, quando succede l’incidente non è possibile intervenire per tempo. Per gli esperti, quindi, non è una “inevitabile fatalità”, come ancora oggi vengono definite le morti per annegamento, ma una “malattia sociale”, come invece definiscono il fenomeno Fulvio Ferrara, Enzo Funari e Dario Giorgio Pezzini, del Dipartimento Ambiente e Salute dell’Istituto Superiore di Sanità, curatori del rapporto.
Dal 2003 al 2020 i dati ISTAT indicano che sono morte per annegamento 6.994 persone, con una media annua di 389 decessi, scesa a 342 negli ultimi otto anni. Per la Società Nazionale di Salvamento che ha analizzato i dati della stampa nazionale dal 2016 al 2021 identificando 1.327 annegamenti: 857 sono avvenuti lungo i litorali marini e 470 nelle acque interne (laghi, fiumi, torrenti, eccetera).
I bambini sono più a rischio annegamento
I bambini sono particolarmente soggetti agli annegamenti, per diverse ragioni: i più piccoli hanno un rapporto testa-corpo sfavorevole, con il capo relativamente pesante, tendono a gattonare anche in acqua e ad avere un galleggiamento orizzontale prono e con la testa in basso. Inoltre, i bambini piccoli che stanno annegando non si agitano e non gridano aiuto. I più grandi che già camminano hanno la tendenza a ricercare anche in acqua la posizione verticale cercando di restare a galla, ma lo fanno in modo scomposto, sommergendosi in pochi secondi. I dati Istat dal 2017 al 2021 riportano 206 decessi per annegamento tra i 0-19 anni, con una media di circa 41 decessi annui. Più dell’80% delle vittime sono maschi e il 47% ha meno di 15 anni.
Consigli utili per prevenire gli incidenti in età pediatrica
Alcune indicazioni per le famiglie, per i gestori di strutture private e per le amministrazioni territoriali:
- Piscine private: è necessario impedire l’accesso ai bambini che non sanno nuotare con barriere intorno alla piscina, sistemi di allarme e rimuovendo scalette o altri dispositivi di accesso.
- Piscine collettive: i responsabili devono prevedere piani di sicurezza con sorveglianza o, in alternativa, con recinzioni. Le attività di controllo delle ASL devono estendersi anche alle condizioni di sicurezza, oltre che della qualità delle acque.
- Fiumi e laghi: gli enti gestori e le amministrazioni territoriali devono segnalare i siti balneabili e quelli pericolosi con cartellonistica adeguata.
- Segnaletiche: è importante sensibilizzare e rendere chiare le segnaletiche, anche per i giovani immigrati, sui pericoli delle acque interne
- Educare i bambini all’acquaticità: insegnare ai bambini, sin da piccoli a nuotare e a comportarsi in acqua in modo sicuro
Consigli per tutti
In estate è fondamentale, per chi va al mare, al lago o in piscina seguire alcuni consigli per prevenire gli annegamenti:
- Immergersi preferibilmente in acque sorvegliate dove è presente personale qualificato in grado di intervenire in caso di emergenza.
- Evitare di immergersi in caso di mare mosso o in prossimità di specchi d’acqua dove sono presenti correnti di ritorno.
- Osservare attentamente la segnaletica e seguire le indicazioni dei sorveglianti.
- Evitare di tuffarsi in acqua dopo aver mangiato o dopo un’esposizione prolungata al Sole.
- Evitare tuffi da scogliere o in zone non protette e prestare attenzione a immergersi solo in acque di profondità adeguata.