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Home » “Appalti truccati: dentro l’economia della corruzione mafiosa”
Cronaca

“Appalti truccati: dentro l’economia della corruzione mafiosa”

Di Sala Notizie11 Novembre 20257 min di lettura
“Appalti truccati: dentro l’economia della corruzione mafiosa”
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“Appalti truccati: dentro l’economia della corruzione mafiosa”

Il criminologo Vincenzo Musacchio: “L’infiltrazione mafiosa nell’economia legale e in particolare gli appalti pubblici è tra le sfide più importanti per Italia e Unione europea” .

Professore quali sono gli effetti immediati dell’infiltrazione mafiosa nell’economia legale e in particolare nel settore degli appalti pubblici?

Occorre innanzitutto rilevare che si tratta di effetti marcatamente negativi. In primo luogo, essi compromettono la leale competizione tra le imprese, con conseguente aumento dei costi riguardanti le opere pubbliche, un impatto sfavorevole sul prodotto interno lordo nazionale e una generale compromissione degli investimenti economici nel Paese. In secondo luogo, tali dinamiche rappresentano uno dei principali presupposti della cosiddetta “area grigia”, costituita da esperti del settore legale, economico e finanziario che offrono un’ampia gamma di servizi ai gruppi mafiosi. Sono proprio queste relazioni collusive o atteggiamenti di connivenza con imprenditori, politici e amministratori pubblici a rendere le organizzazioni mafiose progressivamente più capaci di infiltrarsi nel settore pubblico.

Le reti relazionali tra questi attori appartenenti sia al mondo legale sia a quello illegale sono dunque alla base di questo fenomeno criminale? 

È innegabile che la criminalità organizzata rivesta un ruolo significativo nell’ambito degli appalti pubblici, indipendentemente dal contesto in cui si manifesta. Questa tipologia di infiltrazione è particolarmente attraente per i gruppi mafiosi a causa dei loro numerosi canali d’influenza nel settore pubblico. La criminalità organizzata sceglie questo compartimento proprio per questi canali. 

Cosa contribuisce a rendere questo settore così vulnerabile? 

La profonda sfiducia nei confronti delle classi dirigenti. I partiti politici operanti a livello nazionale, regionale e locale, i funzionari che gestiscono appalti pubblici o rilasciano permessi, la pratica della corruzione in sé e l’applicazione di conoscenze rappresentano per le nuove mafie il modo più diretto per ottenere determinati servizi pubblici. All’aumentare della sfiducia nelle istituzioni pubbliche, risulta evidente che le mafie trovino maggiori opportunità di affari in questo settore.

Perché questo settore è così attraente? 

La prima ragione è indubbiamente di natura economica. Si hanno grandi guadagni con il minor rischio possibile. La seconda è di tipo giudiziario. Le indagini che si riferiscono agli appalti pubblici si presentano particolarmente complesse e costose in termini di procedure e personale. Con la nuova riforma riguardante i reati contro la pubblica amministrazione e la recente abrogazione dell’abuso d’ufficio, i reati nel settore pubblico sono maggiormente complessi da individuare e da provare rispetto ad altri, come, ad esempio, il traffico di stupefacenti. La terza ragione, infine, è connessa alle vulnerabilità e alle inefficienze della pubblica amministrazione. In particolare, in alcuni Paesi, tra cui l’Italia, il settore degli appalti pubblici ha messo in luce, nel corso degli anni, la sua suscettibilità a episodi di corruzione e collusione.

Controllare gli appalti significa anche controllare il territorio? 

Assolutamente sì. Questo tipo di infiltrazione ha un’importanza strategica, proprio come mezzo di controllo territoriale con effetti e ricadute in ambito politico, economico e sociale. In questo settore spesso si crea quel sistema che è denominato “welfare mafioso” che offre quei servizi e sussidi che lo Stato non riesce a fornire, creando così una dipendenza e rafforzando il proprio controllo sul territorio.

Come ci si infiltra nei lavori e negli appalti pubblici? 

Ci sono fondamentalmente due diversi approcci. L’infiltrazione può avvenire direttamente nel processo di gara pubblica mediante il controllo di imprese private, oppure attraverso l’uso di prestanomi di membri della criminalità organizzata. In alternativa, l’infiltrazione può avvenire in modo indiretto, in tal caso, la criminalità organizzata agisce come mediatrice tra aziende, politici e pubblica amministrazione, servendosi di reti relazionali specifiche, di corruzione e talvolta anche di intimidazione.

In modo concreto, come si possono alterare le procedure di esecuzione dei contratti pubblici? Può fornirci alcuni esempi? 

La strategia più sofisticata è rappresentata dalla collaborazione tra criminali e imprenditori del mercato legale. Tale approccio è definito come “metodo del tavolino”, nel quale aziende collegate alla mafia partecipano alla gara per l’assegnazione degli appalti pubblici mediante l’uso di documenti falsificati. Questo metodo frequentemente impiegato quando la procedura di appalto pubblico, considera il sistema dell’asta al prezzo più basso come criterio di selezione del contraente. In tale situazione, l’amministrazione aggiudicatrice è spesso complice. Un altro schema utilizzato per infiltrarsi nelle procedure di gara è noto come “accordo di cartello”. Questo schema prevede la creazione di reti di imprese che partecipano contestualmente alla stessa gara, armonizzando illecitamente le loro offerte, al fine di garantire l’assegnazione dell’appalto pubblico a una di esse.

Che ruolo gioca la corruzione? 

La corruzione gioca un ruolo centrale e pervasivo negli appalti pubblici, essendo utilizzata per influenzare ogni tipo di procedura di gara e in tutte le sue fasi, dalla preparazione alla decisione finale di aggiudicazione. In particolare, le tangenti sono uno strumento chiave per influenzare le decisioni discrezionali dei funzionari pubblici, ottenere informazioni riservate e garantire protezione politica e istituzionale. Questo sistema favorisce imprese specifiche che così ottengono l’aggiudicazione di contratti pubblici grazie all’intervento corrotto di funzionari che, in cambio di tangenti, usano il loro potere per indirizzare l’assegnazione verso determinati offerenti. L’incertezza tipica delle gare d’appalto circa l’esito delle procedure o l’esistenza di rapporti corruttivi è mitigata anche dalla protezione garantita da politici, amministratori pubblici o altri personaggi di potere. Questi soggetti esercitano un controllo prolungato e un’influenza duratura sui centri decisionali e sugli agenti amministrativi coinvolti, consolidando un sistema di corruzione che si manifesta su più livelli e fasi del progetto infrastrutturale. La procedura negoziata, in particolare, rappresenta un momento delicato, dove il rischio di comportamenti corruttivi aumenta, poiché consente un’ampia discrezionalità che può essere sfruttata per favorire determinati offerenti.

La violenza non è più utilizzata?

Oggi rappresenta solo l’extrema ratio. Include pratiche come estorsioni, intimidazioni, minacce, ricatti. La criminalità organizzata utilizza tali metodi quando è proprio necessario costringere imprenditori, uomini d’affari e amministratori pubblici a essere compiacenti o collaborativi nel raggiungimento degli obiettivi del gruppo criminale al suo interno, influenzandone la partecipazione al processo di appalto o l’esecuzione di un contratto.

Ci sono soluzioni per affrontare questo allarmante fenomeno criminale?


Sono già disponibili diverse strategie per fronteggiare la situazione, come i certificati anti-mafia, l’inserimento nelle liste bianche e la creazione di protocolli di legalità, insieme a forme più sofisticate di sorveglianza che comprendono la semplificazione burocratica e una cooperazione più intensa tra vari attori (agenzie pubbliche, banche, aziende). L’intento principale dovrebbe essere quello di fermare i tentativi di infiltrazione criminale sin dalle fasi iniziali e di controllare con continuità la regolarità degli appalti. La lotta contro la criminalità organizzata nelle gare pubbliche può essere facilitata anche attraverso la trasparenza, controlli interni più severi e una selezione maggiormente oculata dei fornitori. Le misure fondamentali comprendono la pubblicazione dei contratti, l’adozione di processi decisionali collegiali, la verifica dei precedenti dei fornitori e la garanzia di strutture proprietarie ben definite. I dati aperti sarebbero veramente utili per permettere ai cittadini e ai gruppi di vigilanza di monitorare i contratti e individuare attività sospette. Identificare possibili conflitti di interesse, infine, sarebbe un’altra raccomandazione che mi sentirei di suggerire.

Vincenzo Musacchio: Giurista, criminologo, docente di strategie di contrasto alla criminalità organizzata, associato al RIACS di Newark. È noto per il suo impegno nella lotta alle mafie e per la sua attività di formazione in ambiti riguardanti la cultura della legalità. Ha insegnato in diverse università italiane e presso l’Alta Scuola di Formazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri in Roma. Attualmente tiene corsi negli Stati Uniti, insegnando tecniche di indagine antimafia a membri delle forze di polizia, inclusa la Polizia Metropolitana di New York. È ricercatore indipendente e membro ordinario dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute (RUSI) di Londra. È stato allievo di Giuliano Vassalli e ha collaborato con Antonino Caponnetto. Concentra i suoi studi sulla criminologia delle organizzazioni mafiose e sul narcotraffico internazionale. È artefice di programmi educativi, come il progetto “Legalità Bene Comune” nelle scuole di ogni ordine e grado. Interviene regolarmente in trasmissioni televisive della RAI a livello nazionale come “Presa Diretta”, “Newsroom” e “Report” e su altre testate nazionali e locali per commentare vicende di mafia e criminalità. Ha scritto numerosi libri e articoli su temi di diritto penale e criminologia. Nel 2019 a Casal di Principe gli è stata conferita la Menzione Speciale al Premio Nazionale “don Giuseppe Diana” dai familiari del sacerdote assassinato dalla camorra. Il 27 dicembre 2022 il Presidente della Repubblica gli ha conferito l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Il suo lavoro contro le mafie gli ha causato minacce di morte, che non hanno comunque interrotto la sua attività antimafia. 

 

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