“È urgente cambiare la cultura del bere, avviare in tutte le scuole, a partire dalle elementari iniziative rivolte a informare i più giovani sui rischi dovuti al consumo di alcol perché non hanno la percezione e la consapevolezza di cosa possa loro accadere. Ogni anno per ‘binge drinking’ si registrano 39mila accessi al Pronto soccorso, il 10% ha meno di 14 anni”.
Così Emanuele Scafato, direttore dell’Osservatorio nazionale alcol e del centro di collaborazione Oms per la ricerca sull’alcol. Scafato interviene dopo il caso di dieci adolescenti, tutti tra i 13 e i 16 anni, finiti in coma etilico durante una serata di festeggiamenti a Vasto Marina, e di una 13enne trovata priva di sensi e soccorsa forse dopo aver partecipato ad una festa in spiaggia a base di alcol.
“Ma è solo la punta di un iceberg – aggiunge – perché la maggior parte dei ragazzi intossicati non viene riferito all’attenzione di un intervento medico in ospedale per paura degli amici o vergogna dei genitori, un comportamento che può pregiudicare l’esito del recupero. Ecco perché nelle scuole quando parlo ai ragazzi spiego loro come comportarsi in caso un amico presenti i tipici sintomi di intossicazione e ubriachezza: mai sdraiarlo a terra con la bocca rivolta verso l’alto ma metterlo su un fianco per evitare che il vomito soffochi, farlo camminare e dargli caffè fino all’arrivo dei soccorsi”.
In Italia, precisa, “sono 8 milioni i consumatori a rischio e 4 milioni e 130 mila i ‘binge drinker’, 780 mila sono consumatori dannosi in necessità di un trattamento clinico di cui solo l’8,1% intercettati dalla sanità pubblica e in cura. Degli oltre 4 milioni di binge drinker, 664mila hanno tra gli 11 e i 24 anni. Non solo, 80mila sono nella fascia 11-17 anni. Tuttavia, il problema non sono i giovani ma gli adulti che a loro vendono alcol“.
E su questo la “comunità scientifica internazionale – osserva l’esperto – è unanime sul fatto che l’alcol non dovrebbe essere assunto fino ai 25 anni di età perché dagli 11 ai 25 anni l’alcol interferisce sullo sviluppo sano del cervello, cristallizzando la modalità cognitiva dei giovani in una dimensione di più bassa razionalità, maggiore impulsività e di più bassa percezione del rischio esponendoli a comportamenti che non sarebbero agiti se non ci fosse la presenza di alcol”.
Infine, ricorda Scafato, che “non esistono quantità di consumo di alcol sicure per la salute. Le linea guida nutrizionali sono tuttavia utili ad accompagnare coloro che scelgono di bere, e parlano chiaro: zero alcol al di sotto dei 18 anni; 1 unità per donne e anziani; 2 unità per gli uomini perché altrimenti i rischi maggiori sono per incidenti stradali, tumori, malattie epatiche e patologie cardiovascolari” conclude.