Il giudice del tribunale di Trento ha respinto il ricorso di due aziende che coltivano cannabis legale, contro l’articolo 18 del decreto sicurezza (che ne vietava produzione e vendita). Nel farlo però ha dato sostanzialmente ragione alle ricorrenti dicendo che chi coltiva e vende legalmente può continuare a farlo (rispettando il limite massimo di Thc dello 0,6%).
Il decreto sicurezza
Il decreto sicurezza, poi convertito in legge (80/2025) prevedeva il divieto, con conseguenze penali, di produrre e vendere infiorescenze di canapa anche con Thc inferiori allo 0,6% come fino a quel momento permesso. La legge aveva creato preoccupazione in una filiera che vedeva messa a rischio produzione e mercato.
Ricorso respinto
Il giudice, si legge nell’ordinanza, non può intervenire in astratto su una norma ma può pronunciarsi solo in riferimento ad un caso specifico, per esempio un procedimento penale o una sanzione amministrativa. In questo caso le ricorrenti non erano state colpite da nessun provvedimento e stavano continuando a lavorare, quindi il giudice non ha potuto pronunciarsi in astratto sulla norma.
Nell’analizzare il caso però il tribunale ha ricordato alcuni principi e riferimenti legislativi (non ultima la Cassazione). Tra le norme citate vi è il riferimento al principio europeo per cui non si possono prevedere divieti per parti specifiche dalla pianta se non giustificati e proporzionati (il decreto sicurezza prevedeva il divieto di produrre infiorescenze ma non semi e fibre).
Ribadito anche che “la misura restrittiva deve essere giustificata dall’obbiettivo di sanità pubblica perseguita e risultare proporzionale” mentre “allo stato dei dati scientifici il consumo di Thc inferiore allo 0,3% non crea rischi per la salute pubblica”.