Omissione di atti di ufficio per il ministro della Giustizia Carlo Nordio, concorso in favoreggiamento per i ministri Matteo Piantedosi e Nordio e per il sottosegretario Alfredo Mantovano, concorso in peculato per Piantedosi e Mantovano.
Sono questi i reati, con aggravanti, che il Tribunale dei ministri contesta agli indagati nella richiesta di autorizzazione a procedere per il caso Almasri, il torturatore libico inseguito da un mandato di arresto della Corte Penale Internazionale che invece di essere fermato dalle autorità italiane fu rimpatriato in Libia su un volo di Stato del nostro Paese. Sulla base delle risultanze d’inchiesta, il Tribunale chiede l’autorizzazione a procedere nei confronti dei due ministri e del sottosegretario Mantovano.
Nelle 90 pagine dell’inchiesta depositate, i giudici del tribunale dei Ministri – la presidente Maria Teresa Cialoni, Donatella Casari e Valeria Cerulli – ricostruiscono in ordine cronologico i fatti, dalla richiesta di arresto da parte della Corte penale internazionale fino alla liberazione e al rimpatrio del libico. In mezzo sono citate mail, dichiarazioni fatte tra vertici di governo e istituzioni, stralci di discorsi in Parlamento. Fino ad arrivare alle conclusioni con i reati contestati. Ma vediamo in dettaglio i tre reati contestati.
L’omissione di atti di ufficio
Nello specifico, il ministro Nordio è accusato dai giudici di omissione di atti di ufficio perché, nella sua qualità di ministro della Giustizia, avrebbe indebitamente rifiutato di dar corso alle richieste urgenti di cooperazione rivolte all’Italia dalla Corte Penale Internazionale sulla richiesta di arresto provvisorio e consegna a carico di Osama Almasri Njeem. Tra l’altro, non rispondendo alle plurime richieste inoltrategli da funzionari della Cpi, che sollecitavano consultazioni, per l’esecuzione della richiesta di perquisizione e sequestro a carico di Almasri di qualsiasi materiale utile alle indagini – tra cui dispositivi di memorizzazione elettronici o magnetici nonché smart card e telefoni cellulari, mobili o satellitari e di trasmissione il più rapidamente possibile – e all’esito di tali operazioni, delle prove acquisite. A tali richieste di cooperazione, per ragioni di giustizia, avrebbe dovuto dar corso senza ritardo. Con le aggravanti di aver commesso il fatto al fine di eseguire il reato di cui al capo che segue, abusando dei poteri e con violazione dei doveri inerenti alla pubblica funzione rivestita.
Il favoreggiamento
Inoltre Nordio, Piantedosi e Mantovano sono accusati di favoreggiamento. Nordio perché assunse un contegno attendista – in merito alla decisione della Corte d’Appello – rimanendo inerte in attesa di tale decisione e convenendo inoltre, in accordo con gli altri vertici istituzionali, sull’opportunità di espellere Almasri, qualora fosse stato scarcerato. Quindi non attivandosi, neppure dopo aver avuto comunicazione del provvedimento di scarcerazione, per dare corso alle richieste di cooperazione della Cpi.
Piantedosi e Mantovano sono accusati dello stesso reato concordando l’emissione del decreto di espulsione ed il successivo trasferimento in Libia mediante volo Cai, eseguito subito dopo la scarcerazione, aiutando Almasri ad eludere le investigazioni della Corte Penale Internazionale e a sottrarsi alle ricerche della Corte stessa. Con l’aggravante di aver agito abusando dei poteri e con violazione dei doveri inerenti alla pubblica funzione rivestita.
Il peculato
Piantedosi e Mantovano sono accusati di peculato perché, in concorso tra loro, distraevano per un uso momentaneo l’aereo della Cai e si appropriavano del carburante necessario per l’esecuzione dei voli da Roma a Torino, da Torino a Tripoli e infine da Tripoli a Roma, disposti non per reali esigenze di sicurezza ma al solo scopo di aiutare Almasri a sottrarsi al mandato della Cpi. Per Piantedosi e Mantovano ci sono le aggravanti di aver commesso il fatto per eseguire il reato abusando dei poteri e con violazione dei doveri inerenti alla pubblica funzione rivestita.
La violazione di norme internazionali
“Posto che tanto la legge di ratifica dello della CPI quanto la legge di attuazione e recepimento della convenzione sulla tortura pongono a carico degli Stati parte l’obbligo rispettivamente di arrestare e di estradare chi sia destinatario dì un mandato di arresto di un Tribunale internazionale, a seguito del provvedimento della Corte d’Appello di scarcerazione, Almasri non avrebbe mai potuto essere espulso, né tanto meno accompagnato in patria su disposizione di alte cariche dello Stato, quali il Ministro dell’Intento Piantedosi e il sottosegretario Mantovano, ciò risolvendosi in una chiara violazione delle norme internazionali”.