L’impronta “guantata” rinvenuta su uno dei sacchi neri in cui era infilato il cadavere di Liliana Resinovich non è la traccia lasciata da un guanto ma dalla trama dei jeans che indossava la donna. E’ quanto emerge dalle analisi del Gabinetto interregionale del Triveneto di polizia scientifica di Padova, alla quale la Procura di Trieste aveva affidato accertamenti dopo che il Gip Luigi Dainotti aveva rigettato la richiesta di archiviazione. Lo riporta Il Piccolo.
liliana resinovich con il marito (lapresse)

Caso Resinovich (RaiNews)

La riesumazione del cadavere di Liliana Resinovich, sul quale dovranno essere effettuati, a Milano, gli esami autoptici come disposto dalla magistratura, al cimitero Sant’Anna di Trieste, 13 febbraio 2024 (ansa)
03/03/2025
L’esame comparativo
Il Gip aveva chiesto venisse eseguito “un esame comparativo tra l’impronta guantata in trama di tessuto e i guanti utilizzati dagli operatori, onde accertare o escludere l’intervento di terzi sui sacchi che coprivano il cadavere” e il guanto sinistro rinvenuto a pochi metri dal cadavere. La trama di quest’ultimo e quella sul sacco sono risultate “non compatibili”. E’ stato quindi avviato un esperimento usando i jeans della vittima e tre campioni di sacchi delle immondizie simili a quelli in cui era infilato il cadavere.
Sono state replicate le condizioni ambientali e sono stati usati adesivi istantanei che hanno riprodotto “impronte a trama regolare simili e confrontabili con quella evidenziata sul sacco che ricopriva gli arti inferiori” di Liliana.
La bicicletta della donna e Visintin
Anche le ulteriori verifiche fatte sulla Go Pro che Sebastiano Visintin, marito di Liliana e unico indagato per la morte della donna, aveva installato sulla sua bicicletta – aggiunge il quotidiano – e che ha ripreso il percorso fatto dall’uomo dalle 12.16 alle 13.33 del giorno della scomparsa della moglie, non hanno evidenziato novità.
Secondo il Centro operativo per la sicurezza cibernetica della polizia postale del Fvg, le coordinate Gps di inizio dei video, che di fatto costituiscono parte dell’alibi di Visintin, sono “in accordo con le immagini riprese dalla videocamera e gli orari dei file trovano riscontro con quanto dichiarato da Visintin e con quanto riportato dalla minuziosa ricostruzione effettuata dal personale della Squadra Mobile”.