I telefonini e la droga entravano nel carcere di Prato in tanti modi diversi: attraverso i colloqui in plichi destinati ai detenuti, per posta, tramite personale in servizio nel carcere e gli stessi appartenenti alla polizia penitenziaria, alcuni ritenuti dalla procura a libro paga con compenso di alcune migliaia di euro. Inoltre, è successo che soggetti provenienti da Napoli hanno provveduto a lanciare palloni contenenti smartphone e cellulari, oppure usando fionde per superare il muro di cinta. I pacchetti erano recuperati dai detenuti o dai lavoranti che hanno maggiore libertà di spostamento nel carcere. Poi gli apparecchi venivano nascosti in doppifondi, nelle pentole, negli elettrodomestici, nei sanitari dei bagni, in buchi nei muri, sotto i wc, nello sportello di frigoriferi, in doppifondi nelle cartelline portadocumenti di plastica, nei piedi dei tavoli, addirittura, riferisce la nota degli inquirenti, sulla persona, nella cavità anale.
Viene interamente perquisito, con sequestri, il reparto di Alta Sicurezza dove ci sono 111 detenuti, parte dei quali ristretti per criminalità organizzata di stampo mafioso o camorristico. Tra questi ci sono 14 indagati, tutti italiani. Perquisiti anche larghi settori del reparto di Media Sicurezza, in particolare, gli spazi comuni e 16 detenuti ristretti, di cui 13 nella veste di indagati. A parte i 27 detenuti indagati, per gli altri 100 reclusi perquisiti c’è l’ipotesi che abbiano beneficiato della disponibilità illegale di telefoni e droga. Inoltre tre appartenenti alla polizia penitenziaria, tra i 29 e i 32 anni, sono indiziati del reato di corruzione.
Altre 10 perquisizioni, a nove indagati e un soggetto terzo, sono state fatte nelle province di Prato (due), Napoli (due), Arezzo, Roma, Firenze e Pistoia. Le schede telefoniche erano attivate con intestatari fittizi in negozi di telefonia di Roma e di Napoli. L’indagine è iniziata nel luglio 2024 ed ha portato finora al sequestro di 34 telefoni cellulari e due sim card.