
Il giudice della Corte d’appello di Torino che ieri ha ordinato la “cessazione del trattenimento nel Cpr” dell’imam Mohamed Shahin ha deciso sulla base di “elementi nuovi” presentati dalle difese, fra cui l’andamento di due procedimenti penali della procura subalpina (uno dei quali già archiviato). E’ quanto si legge in una nota diffusa dalla presidente reggente dell’ufficio, Alessandra Bassi, per “fornire elementi di conoscenza utili a fare chiarezza sulle ragioni della decisione”. Nel comunicato si osserva che gli atti dei 2 fascicoli “non risultano essere stati secretati, né in relazione agli stessi sono stati posti limiti conoscitivi”.
Nel comunicato, la presidente Bassi riproduce le considerazioni contenute nell’ordinanza redatta ieri dal giudice Ludovico Morello, della ‘sezione protezione internazionale’ della Corte d’appello di Torino. Bassi ha fatto presente che “il procedimento relativo alle frasi proferite dall’imam alla manifestazione del 9 ottobre 2025, valorizzato nel provvedimento di convalida del trattenimento, era stato ‘immediatamente archiviato’ dalla procura di Torino con la motivazione che le dichiarazioni del trattenuto sono ‘espressione di pensiero che non integra gli estremi di reato e, quindi pienamente lecite”. Quanto al secondo procedimento penale, relativo a un blocco stradale durante un corteo Pro Pal del 17 maggio 2025, “dagli atti emerge una condotta del trattenuto non connotata da alcuna violenza e/o altro fattore peculiare indicativo di una sua concreta e attuale pericolosità, atteso che il medesimo era meramente presente sulla tangenziale insieme ad altre numerose persone”. La presidente richiama ancora l’ordinanza nella parte in cui spiega che i contatti di Shahin con persone sospettate di simpatie verso gli jihadisti “sono isolati e decisamente datati”, oltre ad essere stati “ampiamente spiegati e giustificati dal trattenuto nel corso della convalida”.
“Il giudice – ha sottolineato Bassi – ha dunque concluso che ‘non vi sono ulteriori elementi di fatto (…) per formulare un eventuale giudizio di pericolosità’, ai sensi dell’articolo 6 comma 2 del decreto legislativo 142 del 2015, tali da giustificare il trattenimento”. “Valga ricordare – è la conclusione della presidente – che il provvedimento è comunque ricorribile dinanzi alla Corte suprema di cassazione”.
Ieri, Mohamed Shahin, ha lasciato il Centro di Permanenza per i Rimpatri di Caltanissetta dopo la decisione della Corte di Appello di Torino che si è pronunciata per la cessazione del suo trattenimento nella struttura. All’imam è stato consegnato un permesso di soggiorno provvisorio emesso dalla Questura di Caltanissetta.
L’uomo si è riunito con la famiglia e, come si apprende da persone informate a lui vicine, non è a Torino ma in un’altra località del Nord Italia. L’espulsione era stata ordinata dal ministro Matteo Piantedosi, sulla base dei rapporti delle forze di polizia, per ragioni di “sicurezza” che non sembrano essere state ravvisate né dalla Corte di Appello di Torino né del tribunale di Caltanissetta, i cui provvedimenti hanno portato al rilascio dell’imam e alla sospensione dell’iter verso l’allontanamento dal territorio nazionale.
I giudici hanno accolto uno dei ricorsi presentati dagli avvocati dell’uomo, i quali hanno sostenuto che anche alla luce di nuova documentazione, non sussistono elementi che possono far parlare di sicurezza per lo Stato o per l’ordine pubblico. L’imam era stato colpito da un provvedimento di espulsione firmato dal ministro Matteo Piantedosi.
Durissima la reazione della premier Giorgia Meloni: “Parliamo di una persona che ha definito l’attacco del 7 ottobre un atto di ‘resistenza’, negandone la violenza. Che, dalle mie parti, significa giustificare, se non istigare, il terrorismo. Qualcuno mi può spiegare come facciamo a difendere la sicurezza degli italiani se ogni iniziativa che va in questo senso viene sistematicamente annullata da alcuni giudici?” scrive sui social la presidente del Consiglio commentando la decisione dei giudici.
Il provvedimento della Corte, in particolare, è di “cessazione del trattenimento nel Cpr” disposto dal questore di Torino, in una delle fasi del procedimento, lo scorso 24 novembre. I giudici, dopo avere esaminato i “nuovi elementi emersi”, hanno escluso “la sussistenza di una concreta e attuale pericolosità”. Inoltre hanno sottolineato che Shahin è da vent’anni in Italia ed è “completamente incensurato”.
Fra i “nuovi elementi” che erano stati presentati dagli avvocati dell’imam figuravano l’archiviazione immediata, da parte della procura di Torino, di una denuncia per le frasi che l’uomo aveva pronunciato lo scorso ottobre durante una manifestazione Pro Pal.