Una vita che di certo non rispettava il voto di povertà di un sacerdote.
Don Paolo Bianciotto, ex parroco della chiesa di Madonna di Fatima a Pinerolo, nel Torinese, è finito a processo perché, approfittando della fiducia di alcuni fedeli affetti da problemi psichiatrici o deficit cognitivi, avrebbe svuotato i loro conti correnti, accumulando centinaia di migliaia di euro che poi avrebbe utilizzato per fini personali, in investimenti, ma anche per fare costosi regali alla perpetua.
L’ex vicario dell’allora vescovo Piergiorgio Debernardi è accusato di circonvenzione di incapace e appropriazione indebita. Il processo iniziato a Torino vuole far luce su fatti avvenuti tra il 2018 e il 2021.
Aveva carte e bancomat dei fedeli
Secondo quanto ricostruito dalla Guardia di Finanza, che si è occupata dell’inchiesta, don Bianciotto avrebbe ottenuto quasi 185mila euro da una donna e da una coppia di fedeli. Li avrebbe convinti a effettuare una serie di bonifici in suo favore e ad avere la delega alla gestione dei rapporti finanziari. Addirittura, sempre per l’accusa, si sarebbe fatto consegnare le carte bancomat e le credenziali per usarle. Da qui l’accusa di indebito utilizzo di strumenti di pagamento.
Gli investimenti del parroco
L’inchiesta delle Fiamme Gialle si è concentrata anche sugli investimenti di don Bianciotto, come l’acquisto fatto insieme a un altro sacerdote di un albergo a Bordighera, in Liguria, rivenduto ottenendo 400mila euro a testa. Con la sua quota l’ex parroco della Madonna di Fatima a Pinerolo avrebbe finanziato la cooperativa che gestiva fino al 2010 la Casa Alpina di Pragelato, nell’area metropolitana di Torino.
Poi avrebbe dato 800mila euro alla perpetua, socia e amica, con cui sarebbero state acquistate due case, un’auto, due bar e altre attività commerciali. Il pubblico ministero Francesco Pelosi accusava il sacerdote anche di appropriazione indebita di circa 500mila euro dalle casse della parrocchia e dall’associazione Nuova Scuola Mauriziana, di cui era legale rappresentante. Un reato che però dopo la riforma Cartabia è perseguibile solo su querela di parte.
L’allontanamento dalla parrocchia
Ma il vescovo Derio Olivero, a cui sarebbe spettato accusarlo ufficialmente, ha confermato unicamente la sospensione dalle funzioni di culto. Nel 2009 don Bianciotto era già stato accusato di aver falsificato la firma di monsignor Piergiorgio Debernardi sotto la richiesta di un fido per 150mila euro. Denaro che serviva per restaurare una chiesa a Prali, un comune di montagna in Val Germanasca. L’inchiesta venne però archiviata dopo la remissione della querela da parte del vescovo.