Morire a 38 anni, dopo un malore, e dopo aver continuato ad assistere i suoi pazienti. È quanto è accaduto a Maddalena Carta, stimatissimo medico di famiglia a Dorgali, in provincia di Nuoro. Secondo i racconti di chi la conosceva, la dottoressa avrebbe trascurato un malessere, probabilmente per non lasciare da soli i cittadini, vista l’assenza per malattia degli altri due medici di famiglia: i suoi 1.800 pazienti e gli altri rimasti senza medico, un bacino di 5.000 persone. La sua situazione clinica si è però aggravata, sino a renderne necessario il ricovero all’ospedale San Francesco di Nuoro e poi il trasferimento in elisoccorso al Brotzu di Cagliari, dove è morta nei giorni scorsi.
Molti i messaggi di cordoglio e vicinanza alla famiglia sui social, segno dell’affetto e stima che la legava alla sua comunità. “Un’altra inaccettabile morte sul lavoro” la definisce il Presidente della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici, Filippo Anelli, raggiunto dalla notizia della morte di Maddalena Carta, che era impegnata anche nella società scientifica della Medicina Generale e delle cure primarie. “La giovane collega – afferma – è rimasta l’unico medico di medicina generale a presidiare una comunità di 5000 assistiti. Una comunità che non ha voluto lasciare, nonostante il malessere che la attanagliava. Alla sua salute ha anteposto la cura dei pazienti, e questo le è costato la vita. Una morte sul lavoro! Lo Stato, in tutte le sue espressioni, ha il dovere e l’obbligo di mettere in atto provvedimenti per evitare morti come questa”.
Dalla Fnomceo arriva dunque una “ferma condanna per una situazione che vede sempre più territori sguarniti dei più essenziali presidi di assistenza, in primis il medico di famiglia, con conseguenti sovraccarichi di lavoro per chi resta”.
Una situazione di cui molte zone della Sardegna, ricordala Fnomceo, sono il paradigma, ma che si ripropone trasversalmente a tutta l’Italia.
Anche la Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg) punta il dito contro il superlavoro: “Questo è il volto disumano del sovraccarico assistenziale – sottolinea il sindacato -. La morte della dottoressa Carta deve far riflettere sui carichi di lavoro richiesti ai medici di medicina generale, ancor più in territori nei quali le carenze sono enormi e l’assistenza ricade interamente sui medici di famiglia”. Carta sosteneva infatti il carico di circa 5mila pazienti: i suoi 1800 assistiti e gli altri rimasti senza medico. Da qui l’appello della Fimmg: “Il presidente Mattarella e tutto il Paese ne riconoscano il valore”.
La morte di questa giovane professionista, commenta anche la Società italiana dei medici di medicina generale (Simg), è “un monito per riforme e investimenti necessari per la medicina generale, baluardo del Ssn attuale e futuro”. Servono, avverte la Simg, “un sostegno concreto con personale amministrativo e infermieristico ma anche riforme pensate sulle esigenze dei territori”.