Una vicenda dai contorni sempre più allarmanti quella nata dalla maxi inchiesta della DDA di Milano tanto che il pm Francesco De Tommasi parla di “soggetti pericolosissimi perché, attraverso le attività di dossieraggio abusivo” con “la creazione di vere e proprie banche dati parallele vietate e con la circolazione indiscriminata di notizie informazioni sensibili, riservate e segrete, sono in grado di ”tenere in pugno” cittadini e istituzioni” e “condizionare” dinamiche “imprenditoriali e procedure pubbliche, anche giudiziarie. La banda dei dossier è un pericolo per la democrazia”. Sempre negli atti si legge che la “predisposizione dei dossier illegali” va avanti e c’è anche il “rischio” che i dati e le informazioni prelevate vadano in mano “di agenzie straniere e che all’estero possa essere creata e detenuta una banca dati destinata a conservare le informazioni”
Un vero e proprio “gigantesco mercato nero delle informazioni riservate”. Così lo descrive il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo in conferenza stampa.
Una “circostanza di una certa gravità” scrive la Procura di Milano negli atti dell’inchiesta, è la chiavetta usb di Nunzio Samuele Calamucci, arrestato come presunto capo di un’associazione a delinquere dedita alla creazione di report contenenti dati riservati, cioè “che apparentemente, ad una prima analisi, risultano classificati’, come un documento “formalmente riconducibile all’Aise”, il servizio segreto italiano per l’estero, classificato risalente al 2008-2009 sulle “reti della Jihad globale”. I carabinieri sono riusciti ad estrapolare da remoto, nel 2023, alcuni file mentre Calamucci aveva la usb collegata al suo pc e molti erano riconducibili ad un ex carabiniere indagato.
Da un’intercettazione in mano alla Procura di Milano, uno degli arrestati avrebbe sostenuto di “essere riuscito a utilizzare abusivamente o a clonare” un indirizzo email assegnato a Mattarella. Nunzio Samuele Calamucci, parlando con Carmine Gallo, ex funzionario di polizia da ieri ai domiciliari, lo aggiornava in merito all’invio a “venti persone, più tre mail, una mail intestata a Mattarella, con nome e cognome che se vanno a vedere l’account è intestato al Presidente della Repubblica”.
Rainews.it ha chiesto ad un esperto di cybersicurezza e intelligenze, Pierluigi Paganini, un quadro sulla situazione
“Il quadro che emerge è allarmante – ha ribadito il capo della Direzionale Nazionale Animafia e Anriterrorismo,Melillo – ed esige prudenza perché ci vorrà ancora molto tempo e fatica per delineare i contorni di questa vicenda, che preoccupa sia per dimensione sia per il livello imprenditoriale dei dati personali e riservati. Davvero stiamo appena cominciando a capire come funziona questo mercato clandestino delle informazioni riservare”. Si tratta infatti di migliaia di accessi a informazioni riservatissime nel corso degli ultimi anni e che potrebbero aver messo “a nudo” la vita di un numero imprecisato di personalità dell’economia italiana, a favore di chi sarebbe stato disposto a pagare profumatamente per quelle informazioni.
Si legge ancora in una trascrizione: ”E moh sai… fa…famme… prendo un report e te lo dico… cioè con i report che abbiamo noi in mano possiamo sputtanare tutta l’Italia. Adesso abbiamo trovato le foto… me le hanno trovate i ragazzi della Procura… di Amara e Mazzagatti con quarantamila euro sul tavolo..” Cosi’ parlavano Nunzio Calamucci e Giulio Cornelli, un altro degli arrestati.
Il gruppo ruotava attorno alla società Equalize di Enrico Pazzali, il presidente di Fondazione Fiera, da cui si è dimesso in queste ore, indagato, che si è occupato pure dell’avvocato Piero Amara.
Una società di “business Intelligence e di reputazione aziendale” che nel nome vuole richiamare il concetto di equilibrio ma anche di etica ma che in fondo sembra un pò il voler copiare una famosa serie americana, “The Equalizer” (Il vendicatore).
Le indagini hanno accerta che a Londra è stata costituita una società “clone” di quella milanese, la Equalize Ltd. E proprio in Inghilterra agisce, secondo la Dda, un gruppo di “ragazzi” che si occuperebbe di “accessi diretti” alla banca dati Sdi delle forze dell’ordine. Nell’atto del pm si legge anche che Equalize srl nei primi sette mesi del 2023 avrebbe incassato coi suoi “report” 763 milaeuro. E gli investigatori hanno, poi, calcolato anche i presunti incassi in oltre 2,3 milioni di euro in tre anni, tra 2022 e 2024. Il resto del complessivo incasso di oltre 3,1 milioni arriverebbe da altre quattro società, tra cui la Mercury Advisor.
Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, intanto, ha dato mandato al capo della polizia, Vittorio Pisani, di acquisire dall’autorità giudiziaria gli atti di indagine utili per avviare verifiche “su ipotizzati accessi abusivi alle banche dati del ministero o sull’utilizzo illecito delle stesse”. Su questo fronte peraltro, viene aggiunto, “sta operando al Viminale una commissione di specialisti già in precedenza istituita dal ministro anche per definire eventuali ulteriori misure e procedure a protezione delle strutture informatiche interforze”.
Ma cosa mette a rischio l’organizzazione scoperchiata dalla DDA di Milano?
Pierluigi Paganini delinea lo scenario
Nunzio Samuele Calamucci avrebbe avuto “a disposizione” un “hard disk contenente ottocentomila Sdi”, ossia informazioni acquisite dalla banca dati delle forze dell’ordine “Ottocentomila Sdi, c’ho di là”, diceva intercettato parlando lo scorso gennaio con l’ex poliziotto Carmine Gallo .Calamucci avrebbe avuto la preoccupazione di “mettere da parte”, ossia trasferire dati, di “sei, sette milioni di chiavette che c’ho io”. Aveva una “mole di dati da gestire – scrivono i pm – enorme, pari almeno a 15 terabyte”. Lo si legge negli atti dell’inchiesta della Dda di Milano. Ma era anche preoccupato della posizione di Gallo: “Carmine è a rischio perquisizione, quindi noi non dobbiamo lasciare qua nessun materiale estraneo.” E’ una delle intercettazioni che si legge nella richiesta di arresti della Dda di Milano.
Ma cosa è lo SDI?
Si parla dello Sdi, Sistema d’Indagine Informatico, in uso alle Forze dell’Ordine italiane che vi memorizzano i dati che possono essere utili per le attività investigative. Contiene segnalazioni, querele, anagrafiche e dati incrociati con altre banche dati come fisco, catasto, anagrafe o similari che possono arricchire il registro.
Nessuno, al di fuori delle forze di polizia potrebbe accedere alle informazioni contenute nello Sdi.
La Banca Dati S.D.I. è stata istituita nel 1981 con la Legge n. 121, è un sistema creato per migliorare il coordinamento operativo tra le Forze di Polizia attraverso l’inserimento di informazioni utili per la sicurezza pubblica.
L’utilizzo improprio delle informazioni inserite nella Banca Dati S.D.I. è sanzionato severamente dalla legge.
L’accesso è riservato principalmente agli ufficiali di Polizia Giudiziaria (P.G.) e di Pubblica Sicurezza (P.S.). In situazioni di urgenza o per particolari esigenze investigative, di sicurezza o ordine pubblico, l’accesso può essere esteso anche agli agenti, purché specificamente autorizzati. Ogni accesso alla banca dati deve essere motivato, ed è necessario inserire una password personale e non cedibile. Le occasioni in cui è consentito l’accesso includono attività come il controllo durante posti di blocco, indagini in corso, rilascio di porto d’armi, ricerca di persone, oggetti o veicoli, e altre attività connesse all’operatività delle Forze dell’Ordine.
L’accesso per finalità non previste dalla legge, o per motivi personali, è vietato e può essere sanzionato ai sensi dell’articolo 326 del codice penale (rivelazione del segreto istruttorio) e dell’articolo 615 ter del codice penale (accesso abusivo a un sistema informatico o telematico)