È stato assegnato a Mario Draghi il premio ISPI 2024, riconoscimento dedicato a personalità che hanno contribuito a rafforzare l’immagine dell’Italia nel mondo, istituito in memoria dell’Ambasciatore Boris Biancheri, già presidente dell’Istituto per gli studi di politica internazionale. La cerimonia di consegna del premio si è svolta nella cornice di Palazzo Clerici a Milano. In passato, il premio è stato conferito a figure quali Samantha Cristoforetti, Fabiola Gianotti, Filippo Grandi, Paolo Gentiloni, Staffan De Mistura e, in memoriam, Luca Attanasio.
L’ex premier e presidente della Banca Centrale Europea ha dichiarato in questa occasione : “Quando si fanno le cose bisogna essere ottimisti, se si è pessimisti si sta a casa. Da un leader la gente vuole che abbia competenza e visione, che sappia immaginare il futuro e avere la capacità di realizzarlo. Ma da un leader politico vuole di più: che sappia portare con sé il resto del Paese”. “Chi va alle elezioni – ha continuato Draghi a Milano – fa qualcosa in più di chi non ci va: ricevere la legittimazione è importante per fare le riforme, la legittimazione dà forza e scopo al proprio mandato – ha aggiunto – Un mandato di un non eletto deve essere per forza circoscritto, mentre il mandato di un eletto può essere più ampio e abbracciare riforme importanti”. “Lo stallo e le trattative per la nomina dei commissari e per il varo della commissione europea – ha rivelato Draghi – dipendevano da lotte intestine ai singoli Stati membri. Tutto questo – ha aggiunto – viene vissuto in modo preoccupato. La politica nazionale diventa man mano europea e viceversa”.
Premio ISPI a Mario Draghi (ANSA)
Sulla politica industriale del Vecchio Continente, Draghi ha auspicato un ripensamento : “L’Europa deve realizzare e ripensare la propria politica industriale, parola che fino a qualche anno fa era un tabù.” ha detto durante la cerimonia di conferimento del premio ISPI 2024. “L’UE è più vulnerabile di altri ai mutamenti delle condizioni di mercato”, ha proseguito parlando della minaccia dei dazi sollevata dal presidente eletto Donald Trump. “L’UE è un continente più aperto perché trae circa il 53% del prodotto dal commercio internazionale, gli Stati Uniti il 23-24%, la Cina il 32%. Molto più aperta e di conseguenza più vulnerabile”. Per questo di fronte ai movimenti protezionistici “è inutile fare muri, dobbiamo essere pragmatici, guardando settore per settore”, ha osservato l’ex premier. Per esempio in settori come quello dei pannelli solari dove c’è una leadership cinese, “il treno è partito. Poi ci sono le tecnologie dove è importante mantenere e aumentare i posti lavoro da noi. Ci sono quelli più strategici , dove dobbiamo assicurarci le tecnologie come nell’energia, nelle batterie garantendoci una certa autonomia di lungo periodo. C’è poi la piccola industria ad alto potenziale innovativo soprattutto in settori strategici. Dovremo avere una politica industriale, era un anatema fino a 5-6 anni fa. Ora quel mondo è finito. Ci sarà sempre più l’intervento dello Stato e sempre più politica industriale”, ha detto Draghi, “Il mercato unico di fatto oggi non c’è e le barriere tra nostri stati sono più alte. Ma il mercato unico è fondamentale per crescita e produttività”. Soffermandosi poi sulla finanza ha detto: “Le banche sanno fare tante cose, ma una cosa che non sanno fare è finanziare l’innovazione. L’equity è lo strumento d’eccellenza. Bisogna integrare i mercati ma anche riorientare il mercato finanziario da quello del debito all’equity“.