La tempesta finanziaria scatenata questa settimana dai dazi di Donald Trump si è abbattuta anche sui mercati argentini. L’indice della borsa di Buenos Aires ha segnato venerdì scorso un crollo dell’8,5%, mentre il listino di titoli delle società argentina quotate a Wall Street ha riportato cali con punte massime del 12,4% e minime oltre il -5%. Soffrono anche i titoli di Stato, che perdono in media oltre il 3,5%, facendo compiere un ulteriore balzo anche all’indice di rischio Paese – lo spread con i buoni del Tesoro Usa – arrivato a quota 943 punti nominali (+8,14%). E mentre il governo Milei è in attesa di una conferma da parte del Fondo monetario Internazionale (Fmi) su un nuovo credito da 20 miliardi di dollari, continua il drenaggio di riserve della Banca Centrale, che anche lo scorso 4 aprile hanno lasciato sul terreno 193 milioni di dollari, accumulando perdite per quasi 3 miliardi di dollari solo nelle ultime tre settimane.
E Milei abbassa i dazi su tessile, calzature e filati
Il governo argentino, intanto, ha ordinato la riduzione delle tariffe all’importazione di prodotti tessili, calzature, filati e tessuti, stabilite dal Mercosur 18 anni fa. Le tariffe su abbigliamento e calzature saranno ridotte dal 35% al 20%, dal 26% al 18% per i tessuti e per diversi tipi di filato, dal 18% al 12%, 14% e 16%, tornando ai dazi pre-2007. L’Argentina è il Paese con l’abbigliamento più costoso della regione. Un’indagine sui prodotti di marchi internazionali ha rivelato che una maglietta costa il 310% in più in Argentina che in Spagna (costa 41 dollari in Argentina e 10 dollari in Spagna) e il 95% in più che in Brasile (la stessa maglietta costa 21 dollari). Un altro esempio: una giacca costa il 174% in più nel Paese rispetto alla Spagna (in Argentina costa 118 dollari e in Spagna 43 dollari) e il 90% in più rispetto al Brasile.
Gli effetti dell’impatto dei dazi di Trump su Buenos Aires
Nonostante la stretta affinità ideologica, e l’amicizia personale tra l’inquilino della Casa Rosada, Javier Milei, e quello della White House, Donald Trump, i mercati non sono stati rassicurati abbastanza sull’impatto negativo che i nuovi dazi statunitensi avranno sulla bilancia commerciale e le finanze del Paese sudamericano, ancora alle prese con un difficile processo di riordinamento macroeconomico voluto dal capo di Stato anarco-capitalista. L’indice della borsa di Buenos Aires (Merval) ha lasciato sul terreno anche giovedì scorso il 3,6% mentre il listino di titoli delle società argentine quotate a Wall Street (Adr) ha segnato cali significativi con punte del 10,1% come nel caso della tecnologica Globant.
Giornata nera, il 3 aprile scorso, anche per i titoli di Stato con cali in media del 2%, un dato che ha prodotto parallelamente un forte incremento del rischio Paese, che ha compiuto un balzo del 5,6% arrivando a sfiorare i 900 punti nominali e accumulando un rialzo del +37% dall’inizio dell’anno. Segnali negativi anche sul fronte delle riserve, con la Banca centrale che ha annunciato di aver dovuto disfarsi oggi di altri124 milioni – principalmente per il pagamento di scadenze del debito – portando il suo ammontare complessivo a 25,3 miliardi di dollari.
Banca mondiale, nuovi aiuti all’Argentina
La Banca mondiale ha annunciato un “pacchetto significativo di aiuti” all’Argentina “per sostenere le riforme, attrarre investimenti e creare occupazione”. Lo ha affermato il presidente dell’istituzione multilaterale di credito, Ajay Banga, al termine di un incontro a Buenos Aires con il presidente Milei, secondo quanto riferisce una nota della Casa Rosada.
“Stiamo lavorando a stretto contatto con il presidente Milei e il suo team per sostenere il suo ambizioso programma di riforme e, come dimostrazione a breve termine di tale impegno, stiamo preparando un significativo pacchetto di sostegno che mobilita tutta la forza del Gruppo della Banca Mondiale per sostenere le riforme, attrarre investimenti privati e gettare le basi per la creazione di posti di lavoro” ha affermato Banga. Il presidente della Banca Mondiale ha precisato che il pacchetto di crediti verrà erogato in stretto coordinamento con il team economico argentino, il Fondo Monetario Internazionale (Fmi), con cui l’Argentina sta negoziando il prestito di 20 miliardi di dollari citato più sopra, e la Banca Interamericana per lo Sviluppo.
Intanto, il tasso di povertà scende al 38%
Arriva al 38,1% il tasso della popolazione argentina al di sotto della soglia della povertà: il trend, registrato da dati ufficiali, relativi alla seconda metà del 2024, mostra un forte calo di quasi 15 punti percentuali, grazie soprattutto al rallentamento dell’inflazione. Il livello di povertà è quello di più o meno un anno fa (l’Argentina ha circa 47 milioni di cittadini), ed è in notevole frenata dopo un aumento considerevole fino al 52,9% – livello senza precedenti negli ultimi vent’anni. Questo calo è stato dovuto all’impatto iniziale della svalutazione, dell’inflazione e della politica di austerità volute del presidente Milei. La soglia di povertà, secondo un paniere di beni di prima necessità stabilito dall’Istituto di Statistica (Indec) che ha pubblicato queste cifre all’inizio della settimana, è attualmente di 342mila pesos, pari a circa 313 dollari al tasso di cambio ufficiale.
Anche la percentuale di argentini in condizioni di indigenza o di estrema povertà è diminuita drasticamente nella seconda metà del 2024, passando dal 18,1% di sei mesi prima all’8,2%, secondo l’Indec. La presidenza ha immediatamente elogiato in un comunicato “l’effetto diretto della lotta contro l’inflazione condotta dal presidente Javier Milei. L’attuale amministrazione dimostra che la via della libertà economica e della responsabilità di bilancio è la strada per ridurre la povertà a lungo termine” e non “le politiche del passato”, in riferimento alle precedenti amministrazioni peroniste (di centro-sinistra). La terapia d’urto di Milei – che ha attuato la svalutazione del peso di oltre il 52% e il prosciugamento della spesa pubblica, in nome dell’obiettivo di un bilancio “a deficit zero” – ha portato a un netto rallentamento dell’inflazione, passata dal 211% nel 2023 al 117% nel 2024, e attualmente mantenuta al di sotto del 3% ogni mese da ottobre, il livello più basso degli ultimi quattro anni e mezzo. La conseguenza è stata un’attività economica anemica (in calo dell’1,8% nel 2024), la perdita di decine di migliaia di posti di lavoro e un balzo della povertà nella prima metà del 2024.