Nel 2032 gli Europei di calcio verranno ospitati da Italia e Turchia. Ma per far sì che i giocatori scendano in campo e il pubblico si sieda sugli spalti sono necessari gli stadi.
Secondo l’Eurispes, nel proprio Rapporto Italia 2025, “dei 129 stadi omologati per almeno 5.500 persone, il 60% risale a un periodo compreso tra il 1920 e il 1970. Nel 2024 il Calcio ha avuto un impatto sul Pil del nostro Paese superiore agli 11 miliardi di euro, ha generato più di 1,3 miliardi di contribuiti fiscali e previdenziali e ha dato occupazione ad oltre 120mila persone”. Questo apporto economico dato al Paese, però, non corrisponde agli investimenti apportati sul settore. “A oggi, – continua Eurispes – in Italia esiste un solo impianto pronto a ospitare le partite di Euro 2032: si tratta dell’Allianz Stadium di Torino dove gioca la Juventus, mentre gli stadi Olimpico di Roma e San Siro di Milano, pur necessitando di lavori di ristrutturazione, sono vicini a rispettare i paletti imposti dalla Uefa.
La federazione dovrà scegliere tra due delle rimanenti sette città indicate in fase di candidatura (Firenze, Bologna, Bari, Napoli, Genova, Verona e Cagliari) senza che in nessuna di queste sia, a oggi, presente uno stadio considerato a norma Uefa”.
L’incapacità di rispettare queste norme accende un faro sull’arretratezza dei nostri impianti e sulle conseguenze che questo sottosviluppo potrebbe avere su un settore importante dell’economia italiana. Ma in che modo i nostri impianti non rispettano le regole Uefa? “I due principali elementi di criticità – spiega Eurispes – che caratterizzano le infrastrutture calcistiche nel nostro Paese sono l’età media delle strutture, che si aggira intorno ai 60 anni, e la proprietà degli stadi. Dei 23 stadi con capienza superiore ai 22mila posti solamente tre (Juventus, Atalanta e Udinese) sono di proprietà della squadra che vi gioca.
La necessità di rinnovare gli stadi esistenti o di costruirne di nuovi si scontra con le lungaggini burocratiche, l’incertezza politica o quella giuridica”. Per mettere un argine alle difficoltà, il legislatore era intervenuto con una legge sugli stadi nel 2014 e una riforma nel 2017. Entrambe erano volte a favorire la costruzione o l’ammodernamento di impianti sportivi e la gran parte delle società che hanno usufruito delle leggi per tentare di costruire nuovi impianti o di ammodernare quelli esistenti, sono società calcistiche con impianti di grandi dimensioni.
Lo stadio Renato Dall’Ara di Bologna (Getty)
Guardando avanti, Eurispes spiega come “attualmente, nel nostro Paese, è prevista la costruzione di quattro nuovi stadi il cui progetto dovrebbe essere definitivo e che dovrebbero vedere la luce nei prossimi anni: lo stadio della Roma a Pietralata, il nuovo stadio del Cagliari e gli stadi di Taranto e Venezia. I primi due saranno di proprietà dei club che li hanno costruiti mentre gli altri due resteranno di proprietà pubblica. Nei prossimi anni dovrebbero essere assicurati l’ammodernamento di stadi esistenti. I due progetti più importanti sono quelli dello stadio Dall’Ara di Bologna e dell’Artemio Franchi di Firenze. Mentre il Napoli e la Lazio hanno iniziato l’iter con i rispettivi Comuni per il rifacimento dello stadio Maradona e dello stadio Flaminio”.
Ma la prospettiva attuale non è abbastanza e quindi “l’attuale Governo sembra impegnato in un’ulteriore modifica delle norme che regolano la costruzione di nuovi stadi. In primo luogo, si sta pensando alla nomina di un Commissario straordinario che avrà il compito di accelerare i progetti di modernizzazione e costruzione degli stadi. Il secondo aspetto riguarda la creazione di un fondo equity destinato a investire nelle nuove infrastrutture sportive al fine di accelerare la costruzione o l’ammodernamento degli impianti. La terza modifica riguarda il riconoscimento degli stadi come ‘infrastrutture strategiche nazionali'”.

Torino FC vs Udinese, il minuto di silenzio osservato per la morte di Papa Francesco, Stadio Olimpico Grande Torino, 23 aprile 2025 (LaPresse)
Gli stadi, nel panorama internazionale, non rivestono più un ruolo meramente sportivo, ma sono diventati dei luoghi con servizi aggiuntivi come i musei dedicati alla squadra, palestre, piscine, ristoranti, alberghi e organizzazione di eventi. Un caso emblematico, citato da Eurispes, degli effetti che un nuovo stadio può avere sui bilanci di un club è quello del Real Madrid. “Il completamento dei lavori di ristrutturazione dello stadio Bernabéu ha generato ricavi, derivanti dalle attività legate allo stadio, che hanno raggiunto i 248 milioni di euro nel 2023/24, con un aumento del 103% rispetto all’anno precedente.
Se la percentuale media dei ricavi derivanti dallo stadio per le trenta società europee più importanti si attesta al 18%, in Italia i tre principali club ‒ Inter, Milan, e Juventus ‒ ottengono dallo stadio rispettivamente il 14,8%, il 15,1% e il 14,6% dei loro ricavi totali”. Secondo l’istituto di ricerca, una legge creata ad hoc per “incentivare la realizzazione di nuovi stadi può essere uno strumento utile ma certamente non risolve i problemi più generali che il nostro Paese sperimenta, da decenni, nella realizzazione di grandi opere. I problemi principali risiedono da un lato, nei lunghissimi tempi burocratici per ottenere tutte le autorizzazioni necessarie e, dall’altro, nell’incertezza legata ai tempi, ai costi e alla volontà politica dei Comuni.
Questo non vuol dire che in Italia si debba arrivare ad un modello sullo stile di quello americano in cui i Comuni pagano buona parte delle spese per la costruzione di un nuovo stadio che però rimane proprietà privata del club che lo gestisce. Ma il discorso cambia nel momento in cui si passa dal parlare di finanziare uno stadio alla costruzione di opere e infrastrutture collegate allo stadio, con il fine che la costruzione o l’ammodernamento di un impianto possano fare da traino per la riqualificazione di un intero quartiere”.