“Siamo grati dell’attenzione che ci è stata riservata ma vogliamo che passi un messaggio chiaro: ogni nostra scelta, ogni nostro passo compreso il trasferimento in questa straordinaria terra che ci ha accolti, è stato orientato al benessere psicofisico dei nostri splendidi bambini, che sono stati, sono e saranno il baricentro unico e indiscusso del nostro cammino”. Lo affermano Nathan e Catherine, il papà e la mamma che vivevano con i loro figli nella casa del bosco nel Chietino, in una nota stampa diffusa attraverso il loro legale, l’avvocato Marco Femminella.
“La difficoltà nel parlare – continuano – e comprendere la lingua italiana, in particolare i tecnicismi legati agli aspetti giuridici, ha certamente costituito un problema enorme nella possibilità di interloquire correttamente e di cogliere le dinamiche processuali di ciò che stava succedendo Solo due giorni fa, e per la prima volta, siamo stati posti nella condizione di leggere in lingua inglese la ordinanza che è stata emessa e quindi di comprenderla nella sua interezza”.
“Ancora questa mattina continuiamo a leggere su alcune testate giornalistiche che saremmo testardamente arroccati su posizioni intransigenti e rigide e che staremmo rifiutando il supporto di istituzioni e privati che mettono a nostra disposizione abitazione alternative. Non è assolutamente vero. Non sappiamo da chi queste notizie siano state veicolate ma è certo che chi lo ha fatto ha posto in essere una condotta scellerata e falsa“.
“Abbiamo la gioia – sottolineano – di preservare il nostro spirito e la nostra filosofia di vita ma non per questo vogliamo essere sordi alle sollecitazioni che vengono dall’esterno. Unitamente ai nostri nuovi difensori, una volta compreso il senso pieno di questo percorso, anche e soprattutto attraverso la traduzione degli atti del fascicolo del Tribunale, siamo pronti a condividerne il fine. Siamo, oggi, nella piena coscienza di non avere di fronte un antagonista ma una istituzione che come noi, siamo certi, ha a cuore la salvaguardia e la tutela dei nostri bambini. Quindi abbiano un fine comune”.
“Ci dispiace profondamente che non si sia avuto modo di dimostrare, anche in ragione della tardività della produzione di alcuni documenti che avevamo consegnato, come la educazione parentale sia da noi strettamente osservata, curata e gestita nel pieno convincimento della importanza dell’istruzione e della apertura mentale che deve essere data ai nostri figli”, proseguono Nathan e Catherine.
“Ribadiamo con assoluta fermezza che è falso quanto si dice in ordine ad un nostro rifiuto sull’aiuto offerto dal sindaco e da privati per una abitazione alternativa in attesa della ristrutturazione della nostra casa. Quindi vogliamo concludere ringraziando tutte le persone e tutti i soggetti istituzionali che ci sono stati vicini e che ci auguriamo resteranno vicino a noi con la lealtà e la serenità che sono imprescindibili laddove sono posti in gioco valori primari della vita delle persone”.
La risposta arriva dopo che l’avvocato della coppia, qualche giorno fa, ha rimesso il mandato. Un fulmine a ciel sereno, le cui motivazioni sono state spiegate in un comunicato. Giovanni Angelucci, ha deciso di lasciare: “Mi sono visto costretto ad una simile scelta estrema, che è l’ultima che un professionista serio vorrebbe adottare, dal momento che negli ultimi giorni i miei assistiti hanno ricevuto troppe pressanti ingerenze esterne che hanno incrinato la fiducia posta alla base del rapporto professionale che lega avvocato e cliente”. La decisione dell’avvocato sarebbe maturata in seguito agli ennesimi rifiuti da parte dei coniugi alle proposte suggerite dal legale.
Marina Terragni, Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza: “Prelievo minori misura eccezionale
“Il prelevamento dei minori deve costituire una misura del tutto eccezionale e temporanea, applicabile unicamente quando l’incolumità del minore sia a rischio comprovato. Infliggere il trauma del collocamento in casa-famiglia, provvedimento che si configura come inflizione di una pena a un innocente, è giustificabile solo in casi estremi, quando la vita del bambino corra un pericolo effettivo e imminente” Lo sostiene Marina Terragni, Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, secondo la quale “unicamente in questi casi, inoltre, i tribunali dovrebbero disporre l’intervento delle forze dell’ordine, e solo in ausilio ai servizi sociali, per trasferire il minore in casa famiglia, ma la sua eventuale resistenza non può essere oggetto di coazione”.
Terragni afferma di condividere le parole pronunciate dal ministro della Giustizia Carlo Nordio rispondendo al question time alla Camera a un’interrogazione sul caso della famiglia che vive nel bosco e ricorda di aver aperto da tempo con il Guardasigilli – così come con il ministero degli Interni – un’interlocuzione sul tema dei prelevamenti forzosi dei minori.
