Un femminicidio la cui “crudeltà” avrebbe scioccato gli stessi inquirenti, che sono convinti che ci sia stato almeno “un minimo di pianificazione” e non sia stato “frutto di un’azione d’impeto”. E a colpire Procura e investigatori sono state anche l’indifferenza e le “bugie” inanellate nei verbali da quell’uomo che, per le accuse, avrebbe costruito una terribile trappola di fuoco da cui la sua compagna ha cercato disperatamente di uscire viva, senza riuscirci.
Omicidio volontario aggravato e incendio doloso
E’ in carcere ora Michael Pereira, 45 anni, fermato, dopo ore di interrogatorio in cui non ha mai confessato, per omicidio volontario aggravato e incendio doloso per aver ucciso Sueli Leal Barbosa, che nella notte tra il 4 e il 5 giugno si è lanciata dal suo appartamento per sfuggire al rogo appiccato, per l’accusa, dall’uomo che l’avrebbe chiusa dentro. Il 45enne, nato in Brasile e difeso dall’avvocato Anne Attard, non ha “manifestato alcuna forma di dolore o ancor meno resipiscenza“, scrive la pm Maura Ripamonti nel fermo disposto nelle indagini della Squadra mobile della Polizia e dei Vigili del Fuoco.
Morta per salvarsi dal rogo a Milano (Tgr)

Morta per salvarsi dal rogo a Milano (Tgr)
Pm: “Menzogne e aggiustamenti della sua versione”
Ed avrebbe – scrive il Pubblico ministero – aggiustato mano a mano “la sua versione” con “menzogne”: dall’orario “di uscita” dall’abitazione, “all’assenza di liti” con la donna, fino “alla presenza di cause alternative” per quel rogo. Prima come teste e poi interrogato da indagato, ha cambiato più volte il racconto. “Assolutamente no”, ha risposto in un primo momento agli investigatori che gli hanno chiesto se avesse litigato con la compagna, come messo a verbale da testimoni. E ha parlato della “caldaia difettosa” come possibile causa. Ha sostenuto pure che “Sueli era solita accendere candele profumate”. Sempre nelle prime dichiarazioni ha riferito che non aveva chiuso la porta dall’esterno.
“Lei era arrabbiata con me perché voleva che la raggiungessi a letto”
Quando gli è stata contestata quell’immagine che l’ha ripreso uscire dall’abitazione verso le 00.49, sei minuti prima che venisse lanciato il primo allarme per l’incendio devastante già in atto, ha introdotto per la prima volta la versione di un litigio e della sigaretta gettata. “Lei era arrabbiata con me perché voleva che la raggiungessi a letto anziché bere – ha detto – io mi sono innervosito, ho fumato una sigaretta e un istante prima di uscire l’ho gettata sul tappeto che era davanti al divano. Lei era maniaca della pulizia, volevo solo farle un dispetto, non pensavo che avrei provocato un incendio”.
L’ammissione di un incendio colposo e un’improbabile tesi: le fiamme che si erano diffuse perché la donna usava alcol e ammoniaca per pulire.
Nero su bianco negli atti, invece, si evidenzia che “dal sopralluogo” da parte del Nia dei Vigili del Fuoco è emersa “la presenza di sostanze acceleranti la combustione” in almeno “due punti della casa, ossia nel soggiorno” e nella “camera da letto”, dove si trovava Sueli, rimasta “intrappolata” nell’appartamento con la porta chiusa con l’unico mazzo di chiavi dall’uomo, che poi è sceso e si è ordinato l’ennesima birra in un bar.

Sueli Leal Barbosa (FB)
Urla disperate
I vicini di casa hanno sentito “le urla disperate” della 48enne, “affacciata alla porta finestra, con balaustra, della camera da letto”. Nel giro di pochi minuti “altissime fiamme si notavano da tutte e tre le finestre”. In quegli istanti una vicina ha girato un video. Sueli, ricostruisce la pm, “con le fiamme alle spalle, in un estremo tentativo di salvarsi” si è lanciata dal quarto piano nel cortile. Poco dopo è morta in ospedale. Il movente starebbe in “ragioni di risentimento” da parte di un uomo “violento” anche in passato. Le amiche e la sorella della vittima hanno raccontato che lui “la voleva lasciare”. Nel frattempo, all’accusa di omicidio volontario aggravato dal rapporto di convivenza, già da ergastolo, potrebbe sommarsi, oltre all’aggravante in valutazione della crudeltà, quella della premeditazione. Resta da accertare quali “sostanze acceleranti” siano state usate e se avesse preparato quel piano terribile da tempo.
Oggi la richiesta di convalida del fermo e di custodia cautelare in carcere arriverà al gip, che fisserà l’interrogatorio.