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Home » Gino Cecchettin: “Continuare a combattere quando la guerra è finita è sterile”
Cronaca

Gino Cecchettin: “Continuare a combattere quando la guerra è finita è sterile”

Di Sala Notizie7 Novembre 20253 min di lettura
Gino Cecchettin: “Continuare a combattere quando la guerra è finita è sterile”
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Gino Cecchettin: “Continuare a combattere quando la guerra è finita è sterile”

“Ieri, con la decisione definitiva della magistratura, si è chiuso il percorso giudiziario legato alla morte di mia figlia Giulia. Non esiste una giustizia capace di restituire ciò che è stato tolto, ma esiste la consapevolezza che la verità è stata riconosciuta e che le responsabilità sono state pienamente accertate. Verrebbe naturale pensare di continuare a pretendere giustizia, di cercare ulteriori riconoscimenti della crudeltà o dello stalking. Ma continuare a combattere quando la guerra è finita è, in fondo, un atto sterile. La consapevolezza che è il momento di fermarsi, invece, è un segno di pace interiore e di maturità, un passo che andrebbe compiuto più spesso”. Così in una nota Gino Cecchettin in merito alla rinuncia della Procura Generale presso la Corte d’Appello di Venezia all’impugnazione contro la condanna all’ergastolo di Filippo Turetta. “La giustizia ha il compito di accertare i fatti, non di placare il dolore. Quel compito spetta a noi: a chi resta, a chi decide di trasformare la sofferenza in consapevolezza e la memoria in responsabilità”, ha scritto ancore il padre di Giulia che martedì 11 novembre sarà ascoltato in commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio e su ogni forma di violenza di genere.

Il percorso processuale

Dopo la scelta inusuale di Turetta, ieri è arrivato il secondo colpo di scena: la Procura Generale presso la Corte d’Appello di Venezia ha rinunciato all’impugnazione contro la condanna all’ergastolo di Filippo Turetta. Lo hanno comunicato i legali della famiglia di Giulia Cecchettin, gli avvocati Nicodemo Gentile, Piero Coluccio e Stefano Tigani, cui è stata comunicata la decisione. 

Che cosa accade ora

Di fatto, la decisione chiude la vicenda processuale, per cui il 14 novembre prossimo era prevista la prima udienza di secondo grado, anche alla luce della rinuncia ai motivi di appello di Filippo Turetta. Quindi, nell’aula bunker di Mestre, in quell’occasione, davanti alla Corte d’assise d’appello presieduta  dal giudice Michele Medici, alle parti non resterà che prendere atto e formalizzare la doppia rinuncia e rendere così definitivo l’ergastolo per Turetta. 

La Procura generale di Venezia aveva inizialmente deciso di procedere con il ricorso in appello per vedere riconosciute le aggravanti della crudeltà e dello stalking nei confronti dell’ex fidanzato, già condannato per il delitto aggravato dalla premeditazione e dal legame affettivo con la vittima.

In una lettera, il giovane detenuto nel carcere veronese di Montorio aveva spiegato la sua rinuncia a difendersi assumendosi la “piena responsabilità per quello che ho fatto di cui mi pento ogni giorno sinceramente dal profondo del  cuore”.

I legali della famiglia Cecchettin

“Una scelta – commentano i legali – che, a seguito della rinuncia all’appello da parte dell’imputato Filippo Turetta, riteniamo coerente, giusta e pienamente condivisibile. Infatti, la rinuncia dell’imputato rende definitiva la sentenza di primo grado e ‘cristallizza’, senza più margini di dubbio, la sussistenza dell’aggravante della premeditazione: tra le circostanze più gravi e subdole previste dal nostro ordinamento”.   

L’aggravante, secondo gli avvocati “assume un significato ancora più drammatico in una vicenda omicidaria caratterizzata, di fatto, da motivi abietti, arcaici e spregevoli, espressione di una visione distorta del legame affettivo e di un’idea di possesso che nulla ha a che fare con l’amore e il rispetto. 

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