Mentre la manovra economica inizia il suo cammino parlamentare con l’immancabile assalto alla diligenza: deputati e senatori, maggioranza e non, si fanno sempre più pressanti, Giorgia Meloni è costretta a strigliare i suoi: “Prima di battere cassa a Giorgetti, spendete i fondi di coesione. Siamo già in ritardo su troppi progetti” ha detto all’ultimo Consiglio dei ministri stufa di mediare tra i partner di governo che hanno priorità molto diverse trta loro: dal prelievo extra alle banche all’aumento della cedolare secca sugli affitti brevi
Dovrebbe essere stato un sollievo per la premier rivolgersi oggi all’esterno della maggioranza, per parlare al mondo dei manager, che festeggiavano gli ottant’anni di Federmanager, per rivendicare di aver ben governato: “I principali indicatori ci restituiscono oggi la fotografia di un’Italia solida, che è tornata a correre”. rivendica Meloni e si ricorda di dare a Cesare ciò che è di Cesare: “Il merito di questo successo non è ovviamente del Governo, ma delle imprese e dei loro lavoratori. Noi ci siamo limitati a mantenere i conti in ordine”.
Un’autoassoluzione che non ha però convinto gli imprenditori. A ricordarlo ci ha pensato Davide Faraone, di Italia Viva, in vena di sarcasmo: «Quella tra Meloni e le imprese sembrava una storia d’amore, invece era un calesse». Citava Giuseppe Riello di Confindustria Verona, che lamenta una manovra che “Ancora una volta ignora il mondo delle imprese”. In sintesi: ci avevate promesso una politica industriale, e ci ritroviamo con un rosario di bonus da bar sport .
Nel frattempo, i numeri raccontano un umore meno romantico: l’indagine di Confindustria registra a ottobre un calo nelle aspettative produttive. Le grandi aziende restano caute: meno della metà prevede crescita, un terzo stabilità, il resto la vede nera.
Alla premier ha fatto eco il ministro dell’Economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti al termine del vertice della Lega sulla manovra. L’uomo dei conti, ricorda a tutti il limite del suo mestiere: “Voi pensate che il ministro decida tutto? Io non sono nè il Papa né Trump”, risponde Giorgetti ai cronisti che gli chiedono se è d’accordo con il leader del suo partito, Matteo Salvini, ad aumentare l’importo della richiesta agli istituti di credito. Una frase che suona come: smettetela di chiedermi miracoli. Il ministro ricorda che “Decide il Parlamento”, ma sa bene che è lo stesso Parlamento che si prepara a dar l’assalto ai conti.
Dall’opposizione, Francesco Boccia del Pd torna al realismo: “eloni dipinge un’Italia solida, ma i salari reali sono ancora giù dell’8,8% rispetto al 2021” Insomma, la fotografia della premier è ‘ritoccata’. E se la manovra è davvero la più rinunciataria del decennio, come dice Boccia, lo dirà la cronaca dei prossimi mesi.
