“A dicembre la marea si alza e per noi è normale. Ma negli ultimi decenni…”. Atilio Martinez è una delle 1.351 persone di etnia Guna costrette ad abbandonare Gardi Sugdub, la minuscola isola panamense nel Mar dei Caraibi, un paio di chilometri al largo della costa dell’America centrale.
Il riscaldamento globale è una minaccia non solo perché rischia, nell’immediato futuro, di sommergere le abitazioni che sono appena mezzo metro sopra il livello del mare, ma anche perché, come spiega Atilio, sta provocando la scomparsa del pescato, fonte di imprescindibile di sussistenza della popolazione locale.
Circa 300 famiglie hanno iniziato il loro esodo lunedì, mentre l’innalzamento del mare avanza inesorabile. Saranno trasferite in nuove case costruite in una radura circondata da una lussureggiante foresta verde sulla terraferma in base ad un progetto di ricollocazione finanziato con 12,2 milioni di dollari.
Bambini, disabili e anziani sono stati i primi a salire a bordo delle imbarcazioni che li hanno portati verso la loro nuova vita nell’entroterra.
Il governo di Panama sostiene che il trasferimento degli abitanti dell’isola è il primo caso di evacuazione di una popolazione in America Latina causato dal cambiamento climatico e avvertono che ne seguiranno altri.
Secondo i dati delle Nazioni Unite, in tutta l’America Latina e nei Caraibi, 41 milioni di persone – il 6% della popolazione – vivono in aree costiere a rischio crescente a causa di inondazioni, tempeste e uragani sempre più frequenti.