Gli inquirenti della procura di Roma hanno depositato gli atti e chiuso il procedimento d’indagine a carico di Gabriele Gravina, presidente della Figc. L’accusa contestata nell’ambito dell’inchiesta avviata nel marzo 2023 è quella di autoriciclaggio. Le indagini erano iniziate su impulso iniziale della procura nazionale antimafia riguardo presunti illeciti emersi dall’inchiesta di Perugia su un’attività di dossieraggio che chiama in causa, tra gli altri, Pasquale Striano.
Il caso è legato alla compravendita di una collezione di libri antichi. Il 19 novembre il tribunale del riesame aveva respinto l’appello dei pubblici ministeri sul sequestro preventivo di 140mila euro nei confronti di Gravina.
La memoria difensiva di Gravina
Il presidente della Figc era stato sentito lo scorso marzo dopo che aveva chiesto di chiarire la sua posizione. Nell’occasione aveva depositato una memoria corredata da documenti e bonifici bancari.
L’oggetto del procedimento riguarda presunte irregolarità su vari aspetti. Tra gli altri l’assegnazione del bando del 2018 per il canale tematico della Lega Pro di calcio alla Isg Ginko, la compravendita sfumata di una collezione di libri antichi e l’acquisto di un appartamento a Milano.
Il ruolo di Pasquale Striano
La procura di Perugia aveva indagato per abuso d’ufficio e falso il tenente della guardia di finanza, Pasquale Striano, e il pm della Dna, Antonio Laudati. Secondo i magistrati umbri, Striano avrebbe ricevuto notizie riservate sull’affidamento dell’appalto della Lega Pro e poi effettuato una serie di accessi per ottenere altre informazioni su Gravina. Anche per questo il presidente della Figc era stato ascoltato come testimone a Perugia.
Striano, “d’accordo con Laudati, avrebbe preparato un’informativa per i magistrati sostenendo di averli ricevuti come elementi informativi provenienti dalla Procura di Salerno (dettaglio poi risultato falso, Ndr) e da quest’ultima acquisiti nell’ambito di proprie attività investigative”.
Dopo avere verificato che Striano aveva effettuato un accesso abusivo, gli inquirenti di Perugia avevano ritenuto opportuno inviare gli atti a Roma al fine di valutare la presenza di eventuali illeciti e per chiarire in particolare il ruolo svolto da Gravina che all’epoca era presidente della Lega Pro.