Rispondendo ai giornalisti Matteo Salvini questa mattina ha detto di fare “parte di un governo che è protagonista in Europa e nel mondo a livello diplomatico, molto più dell’agitato Macron”. L’excusatio non petita è arrivata dal vice-premier e ministro dei Trasporti dopo che in queste ore si sono alimentate polemiche dovute all’assenza della presidente del Consiglio Giorgia Meloni alla riunione dei volenterosi a Kiev il 10 maggio. La premier ha partecipato da remoto, a molti non è bastato per dimostrare una vicinanza pubblica a Zelensky e agli alleati europei.
Palazzo Chigi ha fatto nel frattempo sapere di una telefonata tra Meloni e il presidente turco Erdogan in vista del vertice, ancora incerto, a Istanbul a cui avrebbero potuto partecipare sia Putin che Zelensky. Quel che ad ora si sa è che Erdogan incontrerà il presidente ucraino domani ad Ankara.
Le polemiche sono state alimentate non solo dalle opposizioni, ma anche dall’interno della sua maggioranza, con le parole dell’altro vice-premier, Antonio Tajani, in parte come confidenze ai collaboratori trapelate alla stampa e in parte pubbliche: “Bisogna avere il coraggio di giocare un ruolo da protagonisti per la pace, in Europa, in Ucraina e in Medio Oriente”, ha detto. A chi gli chiedeva se la premier ha fatto bene a non andare a Kiev, Tajani alla fine ha chiosato stizzito: “Chiedetelo a lei”.
Che Tajani pensi che non ci si possa allontanare troppo sia dagli alleati europei che da Bruxelles, col rischio di scivolare nell’irrilevanza, è notorio. E anche se il ministro degli Esteri, che rivendica la titolarità nella gestione della politica estera, continua a rassicurare sull’ottima sintonia con gli alleati di governo, non sfugge agli osservatori un disagio crescente per le scelte di Meloni segnate da cautela ed equilibrismo politico.
A Londra, dove partecipa alla conferenza del cosiddetto formato Weimar + (ministri degli esteri di Francia, Germania, Italia, Polonia, Spagna, Regno Unito e Ue), Tajani usa toni simili: “Tutta la responsabilità è nelle mani di Putin”. Il governo appare dunque chiamato a ritrovare le ambizioni di giocare un ruolo centrale sia nella partita ucraina che in quella dei dazi.
Di fatto l’Italia non ha partecipato alla raffica di incontri seguita alla nomina del cancelliere tedesco Merz, limitati al gruppo Weimar. E, con la scelta di partecipare da remoto, è rimasta defilata all’incontro di Kiev allargato alla Gran Bretagna.