Secondo i credenti è lo Spirito Santo che indirizza il conclave nella scelta del nuovo pontefice, ma le vie dei bookmaker passano per matematica, statistica e teoria della probabilità e il loro calcolo, basato su leggi economiche, risulta spesso esatto. Parliamo delle agenzie estere discommesse. In Italia le leggi le vietano su argomenti ritenuti sensibili a partire da tutte le elezioni, ma altrove i bookmaker, soprattutto inglesi, si scatenano.
Si punta sia sul nome del prossimo papa sia sul continente dal quale arriverà. Sono giocate per milioni di dollari e il banco vuole vincere, quindi calcola al meglio. Gli algoritmi concordano su più siti a dare in testa a Pietro Parolin, segretario di Stato Vaticano, diplomatico esperto e favorito per la sua continuità con il pontificato di Francesco, segue l’Asia con Luis Antonio Tagle, arcivescovo emerito di Manila, poi il conservatore Peter Erdo, arcivescovo di Budapest, c’è Matteo Zuppi, presidente della CEI, vicinissimo a Francesco e outsider emergente per il suo impegno sociale e un terzo italiano, Pier Battista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme.
Perché proprio loro? Tra i fattori che influenzano le quote ci sono il ruolo nella curia, l’esperienza pastorale, la rappresentanza geografica e i fattori interreligiosi, ma anche l’orientamento teologico, progressista o conservatore. Quote dinamiche che oscillano sulla base del numero di puntate, ma anche delle indiscrezioni vaticane. Ma la storia mostra che i favoriti della vigilia spesso non vengono eletti, tanto più ora in un conclave affollato e globale come non mai.
C’è un detto in Vaticano, nel conclave chi entra papa esce cardinale, e Papa Bergoglio nel 2013 non era nemmeno tra i favoriti.