Nel giro di pochi minuti, due tegole sull’amministrazione Trump.
Prima un tribunale federale blocca il presidente sull’imposizione di dazi doganali estesi sulle importazioni utilizzando una legge sui poteri d’emergenza.
Poi, come era nell’aria da un po’, il controverso Elon Musk torna a fare l’imprenditore a tempo pieno e lascia il suo posto al governo.
Il blocco dei dazi
La sentenza è stata emessa da una giuria di tre giudici del Tribunale del Commercio Internazionale con sede a New York. Arriva dopo diverse cause legali secondo cui Trump nell’imporre largamente dazi internazionali ha oltrepassato la sua autorità, scatenando il caos economico.
Le motivazioni del blocco dei dazi
Almeno sette cause legali hanno contestato i dazi, fulcro della politica commerciale di Trump.
Le tariffe commerciali con l’estero in genere, devono essere approvati dal Congresso: ma Trump sostiene di avere il potere di agire perché i deficit commerciali del Paese costituiscono un’emergenza nazionale. Il presidente ha imposto dazi in vari passaggi alla maggior parte dei Paesi del mondo, in gran parte usandoli come leva negoziale ma provocando anche enormi fibrillazioni nei mercati finanziari.
I ricorrenti hanno sostenuto che l’International Emergency Economic Powers Act del 1977 non autorizzi il presidente all’uso dei dazi.
Anche se lo facesse, affermano che il deficit commerciale non soddisfa il requisito della legge secondo cui un’emergenza può essere dichiarata solo in presenza di una “minaccia insolita e straordinaria”. Di insolito e di straordinario non c’è alcunché, visto che Gli Stati Uniti registrano un deficit commerciale con il resto del mondo da 49 anni consecutivi.
Il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump (@web)
29/05/2025
Le reazioni
Il petrolio sale a New York subito la notizia della sentenza che blocca i dazi. Le quotazioni salgono dell’1% a oltre 62 dollari al barile. Si rafforza anche il dollaro nei confronti delle principali valute.
La Casa Bianca ha prima detto di non volere commentare l’accaduto, poi ha criticato i giudici: “Non spetta a loro decidere come affrontare adeguatamente un’emergenza nazionale”, ha affermato in una dichiarazione il portavoce dell’amministrazione Kush Desai. Infine sono arrivate le carte bollate: il ricorso contro la sentenza.
Pompe di petrolio (RaiNews)
Il ricorso del governo Trump
“Il presidente Trump si è impegnato a mettere l’America al primo posto e l’amministrazione è determinata a utilizzare ogni leva del potere esecutivo per affrontare questa crisi e ripristinare la grandezza americana”.
L’amministrazione Trump dunque farà appello contro la decisione della giustizia americana e lo scontro giudiziario potrebbe arrivare fino alla Corte Suprema, lasciando ai giudici americani più alti un caso di alto profilo che potrebbe avere un impatto da migliaia di miliardi sull’economia mondiale.

CBS Sunday Morning, Musk (CBS Sunday Morning / YouTube)
L’addio, con polemica, di Musk al governo Trump
Proprio nelle stesse ore, arriva l’ufficializzazione del ritiro di Elon Musk dal suo posto nel governo Trump.
Arriva con un post su X, il suo social: “Poiché il mio mandato come funzionario speciale del governo sta volgendo al termine, vorrei ringraziare il presidente Donald Trump per avermi dato l’opportunità di ridurre gli sprechi. La missione del Doge non potrà che rafforzarsi nel tempo, diventando uno stile di vita per tutto il governo”.
I motivi del passo indietro
Musk aveva già detto di voler ridurre il suo impegno politico a favore di quello per le sue aziende. In un’intervista di poche ore prima emerge anche una forte divergenza con le scelte di Trump.
Il miliardario si dice “deluso” dalla legge di bilancio approvata dalla Camera e tanto voluta dal presidente: “Aumenta il deficit e mette a rischio il lavoro del dipartimento per l’efficienza del governo”, ha affermato senza giri di parole.
Evidentemente amareggiato, Musk ha difeso il suo Doge divenuto – sostiene – “il capro espiatorio di tutto quello che accade”. Poi ha criticato il “Big, beautiful bill” di Trump, il disegno di legge che contiene tutte le promesse elettorali del presidente e che il tycoon vuole diventi legge il prima possibile.
Un provvedimento, sostiene Musk, “può essere ‘big’ o ‘beautiful’ (grande o bello), ma non penso possa essere tutti e due”. Secondo le stime, il provvedimento farà lievitare il deficit statunitense di 3.800 miliardi di dollari in dieci anni, di fatto annullando anche l’ambizioso obiettivo del Doge di tagliare gli sprechi nella spesa pubblica per 1.000 miliardi.
Gli sforzi del dipartimento di Musk si scontrano anche con le spese di Trump e del Pentagono per la parata del 14 giugno in occasione dei 250 anni dell’esercito. L’evento – che cade il giorno del 79mo compleanno del presidente – costerà fra i 25 e i 45 milioni di dollari.