Dal tampone orale di Chiara Poggi – prelevato 18 anni fa e analizzato soltanto ora – da un primo confronto preliminare avvenuto durante l’incidente probatorio, sarebbe stata individuata una minima quantità di dna maschile appartenente a un uomo non ancora identificato e, dunque, non riconducibile né ad Alberto Stasi, condannato a 16 anni per l’omicidio della ragazza, né ad Andrea Sempio, indagato nella nuova indagine della procura di Pavia. Lo riporta il Corriere della Sera. Oggi si è avuto la conferma: le analisi del tampone saranno ripetute.
Solo con i risultati della replica, Denise Albani – la genetista incaricata dalla giudice di Pavia Daniela Garlaschelli – si potrà cominciare a ragionare su come procedere.
I primi dati trasmessi venerdì in tarda mattinata ai tecnici di accusa, difese e parti civili, riguardano 5 campionature sulla garza usata in sede di autopsia dal medico legale Dario Ballardini. Di queste, tre non hanno dato risultati utili mentre le altre due hanno portato a individuare il profilo genetico che, con una percentuale del 70-80%, è compatibile con quello di Ernesto Gabriele Ferrari, l’assistente in sala autoptica che si occupò di preparare il corpo di Chiara. L’altro profilo che si riferisce alla zona del palato e della lingua e che, come è stato riferito, avrebbe “esibito” quantità di Dna maschile in misura maggiore rispetto a tutti gli altri (si tratta comunque di pochissimi picogrammi), non si sa di chi sia.
Qualora questi dati venissero confermati, la strada è tutta in salita: bisognerà cominciare il confronto con tutti coloro che hanno frequentato casa Poggi prima e dopo la morte di Chiara o hanno avuto a che fare con il cadavere, compresi i tecnici del Ris di Parma. E questo per capire se sia davvero una “contaminazione” come alcuni ritengono, o sia, come altri ipotizzano, la firma dell’assassino che potrebbe aver tappato la bocca alla ragazza o essere stato morso da lei nel disperato tentativo di difendersi.