“Se mio figlio avesse aggredito una donna, ci sarebbe una denuncia da parte dell’aggredita, che invece non consta agli atti. Michele venerdì sera era stato in dolce compagnia di una ragazza argentina. No, non era la sua fidanzata. Lui non aveva fidanzate. Era un’amica con la quale stava trascorrendo qualche ora in tranquillità“. Lo ha detto all’ANSA Giuseppe Noschese, il padre di Michele, noto come Dj Godzi, che aveva sentito il figlio per l’ultima volta venerdì. Dunque la sera prima della drammatica successione di eventi culminata, sabato mattina, con la morte del 35enne.
Giuseppe Noschese, medico ortopedico, confuta la ricostruzione fatta dalla guardia civil, intervenuta alle 8 del mattino di sabato nel complesso residenziale di Rocca Llisa, allertata dai residenti per i “gravi alterchi e le colluttazioni” in un’abitazione.
Secondo gli agenti, la presunta compagna di Michele Noschese era fuggita da un balcone per salvarsi da un’aggressione del Dj. La giovane, che avrebbe riportato numerosi lividi, si sarebbe rifugiata nella casa vicina. All’arrivo degli agenti, sempre secondo la loro ricostruzione, Michele Noschese sarebbe stato “sotto l’effetto di droghe” e “in preda ad allucinazioni” e saltato a sua volta dal balcone, per minacciare con un coltello un anziano vicino.
Giuseppe Noschese non crede affatto che il figlio, “un ragazzo solare” e “amato da tutti“, possa aver aggredito qualcuno. “Mio figlio era uno sportivo, laureato in Economia e Commercio, che aveva scelto la musica, la sua passione, diventando un Dj famoso in tutto il mondo. Era venuto a vivere qui a Ibiza 12 anni fa, realizzando il suo sogno, e aveva comprato questa casa bellissima. Aveva in programma una prossima tournee in America Latina, Equador, Brasile, Colombia. Era un ragazzo sano e normale“, ricorda.
Nella notte fra venerdì sabato scorso, Michele “era stato fino alle 3 in compagnia, una compagnia molto dolce“, è il racconto del padre. “Poi alle 3 ha ricevuto un messaggio di 5 o 6 amici che dicevano: veniamo da te per bere qualcosa e a sentire musica. Alle 7,49 di sabato Michele ha inviato un suo messaggio agli amici, che è agli atti dell’inchiesta, dicendo: basta fare chiasso, che protestano i vicini. E alle 8,15 era morto. Aspetto di capire ancora perché“, afferma il padre.
Giuseppe Noschese ripete di avere “totale fiducia nella magistratura spagnola“. E ringrazia “profondamente per il calore umano e l’assistenza” ricevuta, “il comandante della Guardia civil di Ibiza Gonzalez, il governo italiano e le autorità diplomatiche, con l’ambasciatore in Spagna, Giuseppe Buccino e il console generale di Barcellona, Luca Fava, che mi sono stati veramente vicini, assieme alle autorità della Campania e del Comune di Napoli“.
“Credevo che mio figlio in quest’isola avesse trovato la sua realizzazione – prosegue il racconto del padre in una intervista a ”Il Mattino” – Faceva il lavoro che gli piaceva, si godeva la vita in una casa da sogno dove tutti i suoi amici sapevano di poter arrivare ed essere ospitati. In famiglia quasi lo invidiavamo. Lo indicavo a mia moglie e al fratello più piccolo Gianmarco, come un esempio. E invece Ibiza gli ha dato la vita, il successo ma anche la morte“.
“Ho parlato con tutti gli amici di Michele” spiega Giuseppe Noschese. “La questione chiave è che Michele alle 7,39 di sabato mattina ha scritto agli amici di darsi una calmata e di lasciare la casa perché il rumore infastidiva i vicini e c’erano bambini che dormivano. Temeva che qualcuno chiamasse la Guardia Civil“. Poi la sua morte “certificata alle 8 del mattino. Alle 7,55 era arrivata la polizia spagnola. È morto in pochi minuti“. Si è parlato di convulsioni, di assunzione di droghe… “Il messaggio di Michele era lucidissimo,15 minuti prima che arrivasse la Polizia. Potrebbe aver preso una pasticca in quei 15 minuti. Ma se una persona sta male può essere arrestato e se sta male si chiama un’ambulanza non lo si malmena“, “credo che Michele fosse spaventato e che in quei 15 minuti prima dell’arrivo della Polizia ha potuto prendere qualcosa. Non lo escludo. Questo gli ha creato uno stato di agitazione e un debito d’ossigeno aggravato dal comportamento della polizia. Non voglio dire che volessero uccidere ma queste modalità possono generare la morte in condizioni particolari. Voglio dare per buona la loro versione“.
L’autopsia è stata fatta lunedì. “Alle 10,24 del lunedì mattina, l’hanno fatta d’ufficio senza darmi il tempo di nominare un consulente. Mi ha avvertito la funeraria. Poi ho preso contatti col medico legale che mi ha detto che l’esame aveva riscontrato una necrosi emorragica ai due polmoni“, “mio figlio ha avuto una grave crisi respiratoria. Non so la causa ma certo la posizione, le manette e le percosse non lo hanno aiutato“. E conclude: “In questo momento vorrei salvare la vita a mia moglie e all’altro figlio Gianmarco e riportare a casa Michele“.