Non è dei più semplici, il compito che spetta nelle prossime settimane alla premier Giorgia Meloni, attesa oggi a Bruxelles per il Consiglio europeo straordinario che dovrà discutere del sostegno all’Ucraina e della difesa Ue.
Il summit dei leader arriva dopo l’annuncio della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, del piano “ReArm Europe” – che vorrebbe mobilitare fino a 800 miliardi di euro per la difesa, sia per rispondere all’urgenza immediata di sostenere Kiev, sia “per affrontare la necessità a lungo termine di assumersi una responsabilità molto maggiore per la sicurezza europea”.
La premier arriva a Bruxelles con il compito di tenere presente le diverse posizioni che, via via, si stanno evidenziando a livello politico in Italia. Tanto all’interno del governo quanto a livello parlamentare. Il piano di riarmo dell’Europa proposto dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen fa discutere. Già il nome della proposta, Rearm Europe, non piace a nessuno. Non piace, per i contenuti, a pezzi delle opposizioni, dal Movimento cinque stelle ad Avs. L’Europa che si riunisce dandosi autonomia ma contemporaneamente immaginando come primo elemento del proprio futuro quello del riarmo non piace a chi ha “sognato” l’Europa dei popoli e non quella delle armi. E crea molti malumori e divisioni nel Partito Democratico.
La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen si prepara al collegio settimanale dei commissari presso la sede della Commissione europea a Bruxelles (afp)
Le posizioni antitetiche tra Lega e Forza Italia
Gli scenari italiani sono stati affrontati da Meloni all’antivigilia del Consiglio europeo con i due vicepremier, ma se la presidente ha fatto appello a muoversi compatti, le ore successive hanno dimostrato che nella maggioranza restano, per l’appunto, sensibilità diverse, come dimostra un botta e risposta ruvido tra Tajani e Salvini.
“Le tifoserie servono a poco”, taglia corto il segretario di Forza Italia che sull’esercito comune la pensa all’opposto del suo omologo leghista. Salvini chiede cautela: “Se oggi avessimo un esercito comune, Francia e Germania ci avrebbero già portato in guerra”. E poi, insiste, quegli 800 miliardi di euro anziché per la spesa militare “si possono utilizzare in altro modo”. Nel mirino c’è sempre von der Leyen. Ancor di più per la prospettiva di bypassare il Parlamento europeo. Basta con decisioni così importanti prese dall’alto, è il senso dell’avvertimento della Lega.

Antonio Tajani/Matteo Salvini (GettyImages)
Le due Leghe, quella politica e quella economica
Le difficoltà politiche della Lega vanno ben oltre le ipotesi di riarmo, ma si sposano ad una scelta “geopolitica” che, capitanata da Salvini, vede in quella ipotesi europea una presa di distanze dall’amico d’oltreoceano Donald Trump e sa che una adesione dell’Italia a favore della stessa potrebbe far diminuire il peso del rapporto tra Giorgia Meloni e il Tycoon. E questa cosa non dispiace se permetterà a Salvini di diventare il vero punto di riferimento dei trumpiani in Italia. Per questo il posizionamento della Lega è impostato sulla contrarietà: per dire a nuora affinchè suocera intenda.
Nello stesso partito, la Lega, c’è poi il pragmatismo di Giancarlo Giorgetti. A Palazzo Chigi c’è consapevolezza sui risvolti sul debito del piano proposto da Bruxelles, e per questo vengono considerati “ragionevoli” i dubbi espressi dal ministro dell’Economia: lui mette in guardia da piani fatti “in fretta e furia senza una logica”, per evitare gli “errori clamorosi” dei vaccini anti-covid.

Giancarlo Giorgetti esprime perplessità sul reperimento di fondi per il progetto Rearm Europe di Usula von der Leyen (Ansa)
Secondo alcuni ragionamenti che si fanno nell’Esecutivo, l’ideale sarebbe dare vita a un piano europeo coordinato e integrato, sulla falsariga del Pnrr: Bruxelles fissa gli standard sugli acquisti già in alcuni casi in ambito nato (ad esempio, un tipo di aereo da combattimento specifico), gli stati presentano i propri piani, e una volta approvati si procede, coinvolgendo l’industria bellica europea. Giorgetti al G20, peraltro, aveva immaginato un vero e proprio “recovery plan per la difesa”.
Il posizionamento dell’Italia in Europa
Infine Meloni deve badare al posizionamento dell’Italia nel contesto europeo. La premier si trova nella situazione di chiedere chiarimenti, formulare altre ipotesi, ma non può rischiare di trovarsi al di fuori delle decisioni comuni. E deve riuscire a farlo mantenendo la posizione di punto di riferimento europeo per i rapporti con gli Stati Uniti, sia per provare a portare Trump a più miti consigli rispetto alla questione dazi, sia per coniugare le posizioni europee sulla guerra in Ucraina che al momento sono lontanissime da quelle americane.

Il primo ministro italiano Giorgia Meloni chiederà chiarimenti sulla proposta della Presidente della Commissione europea (ansa)
Meloni si presenterà così al consiglio Ue straordinario di oggi chiedendo chiarimenti sulla strategia della presidente della commissione Ue e proporre adeguamenti. Di sicuro il governo non è intenzionato a utilizzare per la difesa i fondi di coesione, che è solamente una “possibilità” che può essere perseguita con “scelta volontaria” dei singoli paesi, ha specificato il vicepresidente della commissione Raffaele Fitto in visita in Italia liquidando come “fuorvianti” le polemiche che sono state sollevate a Roma dalle opposizioni, con la volontà di rassicurare le Regioni. Ben venga, invece, anche se va usata con attenzione, la flessibilità sui conti per le spese per la difesa, una richiesta avanzata da tempo da Roma, che ora trova sponda a Berlino, con il cancelliere in pectore Friedrich Merz che chiede anzi di andare oltre i margini annunciati da von der Leyen. Mentre con Parigi il dialogo è complicato, al di là della missione prima annunciata e poi smentita di Emmanuel Macron a Washington, insieme a Keir Starmer e Volodymyr Zelensky.

Bandiere europee e ucraine a Bruxelles (AFP)
L’incontro europeo di oggi sarà ancora un momento di confronto
Il consiglio europeo di oggi si annuncia comunque un appuntamento cruciale ma non decisivo. Il momento delle decisioni arriverà al Consiglio del 20 e 21 marzo, intanto è importante questo confronto fra i leader, sottolineano fonti italiane. Sull’obiettivo della pace trovare l’intesa non dovrebbe essere impossibile. Ma c’è la consapevolezza che sul piano di riarmo l’ungherese Viktor Orban è pronto a piazzare il suo ‘no’, mentre lo slovacco Robert Fico non avrebbe ancora chiuso del tutto la porta.
La giustificazione complessiva è comunque quella che ll progetto di Ursula von der Leyen va, in linea di massima, nella direzione auspicata, perché, filtra dai piani alti del governo, “è da anni che chiediamo la difesa europea”.
Ma un conto è immaginare che l’Europa scelga di dare vita alla difesa comune in tempo di pace o, comunque, con una situazione geopolitica stabile e priva di fibrillazioni un conto è pensarlo e realizzarlo in una fase in cui c’è una guerra in corso con un percorso di pace complicato, la crisi del patto Atlantico e le difficoltà commerciali interne a quello che era un Occidente abituato a stare sempre dalla stessa parte.