La scomparsa di Giorgio Armani apre ufficialmente una nuova stagione per la maison che porta il suo nome.
Un futuro che lo stilista aveva immaginato e pianificato nel dettaglio, affidandolo alle disposizioni testamentarie. Il primo passaggio, fissato nero su bianco, riguarda la vendita del 15% del capitale sociale entro 18 mesi dall’apertura della successione. La cessione dovrà avvenire in via prioritaria a uno dei grandi gruppi del lusso mondiale con cui Armani già intrattiene rapporti di partnership – Lvmh, EssilorLuxottica, L’Oréal – oppure a un altro operatore di pari standing, scelto dalla Fondazione con l’accordo di Leo Dell’Orco, storico braccio destro dello stilista, o, in sua assenza, dei nipoti Andrea e Silvana.
Questa sarà solo la ”prima tranche”. Il testamento prevede infatti un secondo step cruciale: tra il terzo e il quinto anno, la cessione al medesimo acquirente di un’ulteriore quota compresa tra il 30 e il 54,9% del capitale, che porterebbe il nuovo socio alla maggioranza assoluta della maison. Qualora questa strada non si concretizzasse, Armani ha previsto un piano alternativo: la quotazione in Borsa, che potrà avvenire su un mercato regolamentato italiano o di standing equivalente, entro un massimo di otto anni dall’apertura della successione.
In questo scenario, la Fondazione manterrà comunque un ruolo centrale: non potrà scendere sotto la soglia del 30,1% del capitale e sarà chiamata a gestire “un ordinato piano di valorizzazione” della propria partecipazione. In ogni caso, Giorgio Armani ha voluto che il marchio restasse indipendente dai fondi di investimento.