“Il sistema della protezione internazionale è, per sua natura, sistema giuridico di garanzia per le minoranze esposte a rischi provenienti da agenti persecutori, statuali o meno. Salvo casi eccezionali (lo sono stati, forse, i casi limite della Romania durante il regime di Ceausescu o della Cambogia di Pol Pot), la persecuzione è sempre esercitata da una maggioranza contro alcune minoranze, a volte molto ridotte. Si potrebbe dire, paradossalmente, che la Germania sotto il regime nazista era un Paese estremamente sicuro per la stragrande maggioranza della popolazione tedesca: fatti salvi gli ebrei, gli omosessuali, gli oppositori politici, le persone di etnia rom ed altri gruppi minoritari, oltre 60 milioni di tedeschi vantavano una condizione di sicurezza invidiabile. Lo stesso può dirsi dell’Italia sotto il regime fascista”. Lo si legge nell’ordinanza con cui i giudici del tribunale di Bologna hanno chiesto alla Corte di Giustizia europea di esprimersi riguardo al decreto sui Paesi sicuri. “Se si dovesse ritenere sicuro un Paese quando la sicurezza è garantita alla generalità della popolazione – proseguono i giudici bolognesi -, la nozione giuridica di Paese di origine sicuro si potrebbe applicare a pressoché tutti i paesi del mondo, e sarebbe, dunque, una nozione priva di qualsiasi consistenza giuridica”.
Il tribunale di Bologna chiede alla Corte europea di espremersi sul decreto “Paesi sicuri”
Di Sala Notizie2 min di lettura
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