
La linea del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, non cambia: per raggiungere una “pace giusta e duratura in Ucraina” è cruciale “l’unità di vedute tra partner europei e Stati Uniti“. Lo ha ribadito la Premier durante una call con Volodymyr Zelensky e altri leader del Vecchio Continente. L’incontro avviene in un momento delicato per i rapporti transatlantici, segnati dalla strategia di disimpegno americana e dalle critiche di Donald Trump, mentre Mosca esorta l’Europa ad allinearsi con Washington per “salvarsi”.
Il vertice bilaterale con Zelensky
Questa postura, che non prescinde dal sostegno a Kiev, sarà riaffermata domani pomeriggio dalla Premier al Presidente Zelensky, nel bilaterale in programma a Palazzo Chigi. Meloni è pronta a dare rassicurazioni sulla fornitura di armamenti nel 2026. Tuttavia, l’approvazione di tale fornitura è legata a un decreto che una settimana fa è slittato a causa delle resistenze della Lega e che potrebbe approdare in Consiglio dei Ministri nell’ultima riunione dell’anno. Nonostante l’intoppo, il Vicepremier e Ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha garantito che il decreto “si farà, non c’è dubbio sulla nostra linea”. Molti più dubbi circondano invece l’adesione dell’Italia al PURL (il meccanismo di acquisto di armamenti americani da girare a Kiev), su cui il Governo è ancora in una fase di riflessione. Nel frattempo, Palazzo Chigi e Farnesina stanno predisponendo l’invio in Ucraina di generatori forniti da aziende italiane, essenziali per affrontare le emergenze causate dagli attacchi russi alle infrastrutture energetiche.
Asset russi congelati e visioni differenti
Nell’incontro a Palazzo Chigi – il terzo di Zelensky a Roma quest’anno, dopo le tappe a Londra e Bruxelles – si discuterà anche delle misure condivise a sostegno dell’Ucraina e della sua ricostruzione. I leader, riuniti nella call, hanno giudicato “fondamentale in questo momento aumentare il livello di convergenza su temi che toccano gli interessi vitali dell’Ucraina e dei suoi partner europei, come la definizione di solide garanzie di sicurezza”. Tuttavia, nella formula di “misure condivise”, viene spiegato in ambienti di Governo, non si può includere un riferimento implicito all’uso degli asset russi congelati, su cui il confronto a livello europeo è acceso. All’interno della coalizione di Centrodestra, la Lega si oppone apertamente a questo scenario, spingendo affinché i beni colpiti dalle sanzioni vengano restituiti a Mosca.
Dibattito interno: il veto in Ue
Un altro tema di politica estera su cui si misurano differenze fra gli alleati di Governo è l’abolizione del diritto di veto in UE. Fratelli d’Italia (FDI), per voce di Giovanni Donzelli, ritiene che “rinunciarvi indebolisce la possibilità della nostra nazione di essere più forte in Europa”. Antonio Tajani, invece, sostiene che “almeno per molte materie è ora di eliminarlo”, auspicando in generale un colpo di reni dell’Unione, che deve trovare il coraggio per un “elettroshock indispensabile per salvare l’Europa dal tramonto”.