Il nome di una piccola strada di Roma diventato evocativo e simbolico: Acca Larentia è una via incastonata tra l’Appia e la Tuscolana dove aveva sede una storica sezione del Movimento Sociale Italiano. Ma il suo nome da 47 anni, esattamente dal 7 gennaio 1978, è associato all’agguato in cui persero la vita due giovani militanti che insieme ad altri ragazzi si preparavano a uscire dalla sede del partito per un volantinaggio nelle strade della Capitale.
Da una strada vicina, via Evandro, partono dei colpi di pistola. Franco Bigonzetti (20 anni) viene colpito alla testa e muore. Francesco Ciavatta (18 anni), cerca di scappare ma viene raggiunto e colpito alla schiena: muore poche ore dopo durante il trasporto in ospedale. Gli altri riescono invece a salvarsi rientrando all’interno della sede.
La banda armata, composta da cinque o sei persone, scappa via a bordo di un’auto. I residenti del quartiere che hanno sentito i colpi di pistola chiamano la forze dell’ordine che arrivano poco dopo.
Nel frattempo altri militanti si sono già radunati davanti alla sede, ma il clima è incandescente e molto teso. Si verificano scontri con le forze dell’ordine e un altro giovane, Stefano Recchioni, militante della sezione Colle Oppio viene raggiunto da un colpo di pistola alla testa. Sulla dinamica dei fatti ancora oggi non è stata fatta però piena chiarezza. A cominciare dall’arma utilizzata per l’agguato, una mitraglietta Skorpion, ritrovata anni dopo a Milano in un covo delle Brigate Rosse.
Così come sugli autori e sui mandanti della strage, che non ha mai avuto dei colpevoli accertati.
Alcuni giorni dopo i fatti ci fu una rivendicazione da parte dei Nuclei Armati per il Contropotere Territoriale, organizzazione terroristica di estrema sinistra. Alcuni membri di Lotta Continua, formazione della sinistra extraparlamentare, vennero accusati nel 1987 e fermati perché ritenuti responsabili della strage – Mario Scrocca, Fulvio Turrini, Cesare Cavallari, Francesco de Martiis e Daniela Dolce – ma quelli per i quali c’è stato un processo sono stati, poi, prosciolti per insufficienza di prove.