In un contesto di pressioni politiche crescenti e segnali di rallentamento del mercato del lavoro, la Federal Reserve ha annunciato il primo taglio dei tassi di interesse nel 2025. Il Federal Open Market Committee (FOMC), l’organo decisionale della Banca centrale americana, ha deciso di ridurre il costo del denaro di 25 punti base (0,25%), portando il range target al 4%-4,25%. La mossa, largamente anticipata dagli economisti, è stata approvata con 11 voti a favore e uno contrario, segnando un passo verso un allentamento della politica monetaria dopo mesi di stabilità.
L’unico voto contrario è arrivato da Stephen Miran, neo membro del FOMC nominato dalla Casa Bianca e considerato un alleato stretto del presidente Donald Trump. Miran avrebbe preferito un taglio più aggressivo di 50 punti base (0,5%), in linea con le reiterate richieste di Trump per un allentamento più rapido della politica monetaria, al fine di stimolare l’economia e alleggerire il peso del debito pubblico. Questa divergenza evidenzia le tensioni tra la Fed e l’amministrazione Trump, che ha intensificato la pressione sulla Banca centrale, inclusi tentativi di influenzare la composizione del board dei governatori.
Il comunicato del FOMC sottolinea che il Comitato “valuterà attentamente i dati in arrivo, l’evoluzione delle prospettive e l’equilibrio dei rischi” prima di ulteriori aggiustamenti. La Fed ribadisce il suo impegno “fortemente” per il duplice mandato: sostenere la massima occupazione e riportare l’inflazione all’obiettivo del 2%. In caso di rischi che ostacolino questi obiettivi, la Banca centrale si dichiara “pronta ad adeguare l’orientamento della politica monetaria, se necessario“.
Questa è la prima riduzione dei tassi nel 2025, dopo che la Fed aveva mantenuto invariati i livelli al 5,25%-5,50% – il massimo dal 2001 – per ben 14 mesi, a partire dal marzo 2022. In quel periodo, la Banca centrale aveva implementato 11 rialzi consecutivi in 16 mesi per contrastare l’inflazione post-pandemica. I tassi erano stati azzerati allo 0-0,25% nel marzo 2020 per mitigare gli effetti del Covid-19, prima di un progressivo inasprimento.
Nel 2024, la Fed aveva già avviato un ciclo di allentamento con tre tagli consecutivi: 50 punti base a settembre (il primo in quattro anni), seguiti da due riduzioni di 25 punti ciascuna a novembre e dicembre. Il taglio odierno prolunga questa tendenza, in risposta a un mercato del lavoro che mostra segnali di cedimento – con un aumento delle richieste di disoccupazione – nonostante l’inflazione sia risalita al 2,9% ad agosto, sopra l’obiettivo del 2%.
Le “dot-plot“, le proiezioni trimestrali dei membri del FOMC sulle intenzioni future, indicano che la maggioranza prevede altri due tagli di 25 punti base ciascuno entro la fine del 2025, per un totale di mezzo punto percentuale. Questo scenario riflette un approccio cauto, influenzato da dati economici misti: da un lato, la debolezza del mercato del lavoro che “offusca i rischi inflazionistici” (come noto da sondaggi tra economisti); dall’altro, la necessità di monitorare l’impatto delle politiche economiche dell’amministrazione Trump, inclusi dazi e riforme fiscali.
Gli analisti, in un sondaggio Reuters, confermano che il 60% si aspetta un calo di 50 punti base entro fine anno, mentre il 37% prevede riduzioni per 75 punti. I mercati finanziari, che avevano già scontato il taglio di oggi con una probabilità del 93%, ora prezzano tre riduzioni complessive nel 2025.