Domenica si sono tenuti i lavori annuali di intonacatura della Grande Moschea di Djenné in Mali in vista dell’inizio della stagione delle piogge.
Si tratta di un rito che coinvolge l’intera comunità, essenziale per proteggere l’edificio in mattoni di fango più grande del mondo che dal 2016 è stato inserito dall’UNESCO nella lista dei monumenti, patrimonio dell’umanità, in pericolo.
La moschea e la città al centro della quale si trova sono state aggiunte alla “lista nera” a causa dei conflitti interni che minano la sicurezza della popolazione e hanno praticamente distrutto l’industria turistica del Paese africano.
L’edificio, costruito originariamente nel XIII secolo ma la cui struttura attuale risale ai primi anni del Novecento, necessita di un nuovo strato di fango ogni anno prima dell’inizio della stagione delle piogge, a giugno.
Le sue pareti sono realizzate con mattoni di terra cotti al sole (chiamati ferey) e malta a base di sabbia e terra, e sono rivestite da un intonaco che conferisce alla moschea il suo caratteristico aspetto liscio e scolpito.
Secondo la tradizione gli uomini si occupano della stesura del nuovo strato di fango, mentre le donne hanno il compito di andare a prendere l’acqua dal fiume vicino per mescolarla con l’argilla e preparare l’intonaco.