“Siamo usciti insieme, ho visto Saman che si stava incamminando molto velocemente. Poi l’ho vista sparire”. Lo ha raccontato Nazia Shaheen, la madre di Saman, nelle dichiarazioni spontanee fatte con l’ausilio dell’interprete nel corso del processo di appello a Bologna sull’omicidio della figlia 18enne, per cui è stata condannata all’ergastolo. Poi la donna ha chiesto di sospendere l’udienza.
Aveva riferito che la figlia, quella sera, diceva che voleva andarsene per tornare in comunità, mentre lei e il marito avevano cercato in tutti i modi di convincerla a non andare.
La ricostruzione della sera nella quale la ragazza è sparita
“Sono uscita di casa per respirare e lei diverse volte è uscita con me. Quando siamo rincasati, ho iniziato a piangere di nuovo. Lei mi ha detto che avrebbe evitato per quella sera, ma che sicuramente sarebbe andata via. A differenza di quanto dichiarato da Ali, non c’è stata alcuna discussione ma Shabbar le diceva comunque di rimanere a casa, l’unica nostra richiesta era che rimanesse con noi, che non si allontanasse”. Questa è la ricostruzione della sera in cui Saman Abbas è sparita, il 30 aprile 2021, fornita dalla madre Nazia Shaheen, nell’aula della Corte di Appello di Bologna.
”Ho iniziato di nuovo a sentirmi male, sono uscita ancora da casa e ho iniziato ad avere attacchi di panico da quando lei è andata in comunità la prima volta. Prima non ne soffrivo. Quando siamo uscite – continua – Ali ci guardava dal piano di sopra. Saman aveva in mano il suo cellulare e quello di Ali. Ha insistito che se ne voleva andare, noi continuavamo a pregarla, che era già buio, ho chiesto ad Ali di dirglielo anche lui. Quello che ci siamo scambiate per le scale non erano i documenti ma 200euro che le ho dato perché aveva espresso la volontà di comprarsi un cellulare nuovo. Siamo scesi, ci siamo seduti in cucina, io e il padre ai suoi piedi implorandola di non andarsene a quell’ora tarda”.
Nazia Shaheen rende la sua versione anche della partenza con il marito Shabbar Abbas per il Pakistan il giorno successivo, sottolineando che “era programmata. Saman e il fratello lo sapevano, e Shabbar doveva rientrare dopo una settimana. Mi avrebbe accompagnato solo perché sto molto male in viaggio e soffro di attacchi di panico”. Il figlio 21enne ha invece dichiarato che i genitori erano partiti all’improvviso.
Il padre, chiamai Danish per dare una lezione al ragazzo di mia figlia
“Voglio precisare che non siamo stati noi genitori a uccidere nostra figlia. Abbiamo fatto molta fatica a crescere i nostri figli. Ho forte dolore, dal momento in cui l’ho scoperto fino ad oggi. Lo avrò per tutta la vita”. Anche il padre di Saman, Shabbar Abbas, condannato all’ergastolo in primo grado, ribadisce nelle dichiarazioni spontanee in Corte di assise di appello l’estraneità sua e della moglie all’omicidio della 18enne, morta tra il 30 aprile e il 1 maggio 2021 e ritrovata sepolta vicino a casa, un anno e mezzo dopo.
“Come ha detto mia moglie noi uscimmo di casa, lei (Saman) andò nella strada, era buio, non abbiamo visto nulla”, ha aggiunto l’imputato, parlando in pachistano e tradotto da un interprete.
“Quando Saman quella sera si incamminò verso Novellara, poco prima l’avevo sentita dire al telefono che si stava preparando, che aspettava che venisse a prenderla. Per questo chiamai Danish, chiedendogli di venire con Ikram e Namullaq (i cugini della 18enne assolti in primo grado, ndr) per dare una lezione al ragazzo, senza però picchiarlo troppo”. Lo ha ammesso Shabbar Abbas, padre di Saman nell’aula della Corte di appello di Bologna.
“Mi dissero che ci avrebbero pensato loro – ha aggiunto – ma ero un po’ preoccupato, sono uscito per controllare, ma non vedendo nessuno, sono rientrato portando in un sacchetto gli abiti di mia moglie. La mattina dopo, verso le 7.30, sono venuti a casa e dopo il caffè gli ho chiesto poi cosa avessero fatto. Mi hanno risposto: “‘niente'”.
“Con Danish la sera del 30 aprile ho parlato diverse volte al telefono – ha detto ancora il padre di Saman rispondendo alle domande dell’avvocato Liborio Cataliotti, difensore dello zio della vittima, ma per questioni di soldi. Nell’ultima chiamata gli ho chiesto di venire a casa perché Saman stava uscendo con il fidanzato. Lui mi ha chiesto se fossi sicuro che era lui e gli ho detto di si’. Prima di questo non avevo visto alcuna chat e nessuno aveva detto a mio figlio Ali di fare registrazioni. Tanto meno la madre, che non sapeva neppure usare il cellulare”.
“Il 29 aprile non è stato fatto niente da nessuno, quello che è successo, è successo il 30, ma io non so, adesso, cosa è successo e cosa è stato fatto. Ho sentito Danish che ha dichiarato che erano presenti lui e gli altri due, quindi penso siano stati loro tre”, ha aggiunto.
Lo zio e i due cugini sono imputati, ma mentre Shabbar e la moglie sono stati condannati in primo grado all’ergastolo, lo zio ha avuto una pena di 14 anni, i due cugini sono stati assolti. Nella scorsa udienza Danish Hasnain ha raccontato di essere arrivato nelle serre vicino alla casa di Saman e di aver visto la ragazza già morta e di aver solo aiutato i due cugini a seppellirne il corpo.