“In ottemperanza al provvedimento emesso dal Tribunale di Taranto e in attesa dell’udienza fissata per il 5 novembre, Groenlandia e Disney informano che il titolo della serie sarà ora ‘Qui non è Hollywood’ e sarà disponibile in Italia dal 30 ottobre sulla piattaforma Disney+”.
Il lancio della serie sull’omicidio di Sarah Scazzi, originariamente intitolata “Avetrana, qui non è Hollywood”, era stato rinviato dal tribunale di Taranto che aveva accolto il ricorso d’urgenza presentato, dal sindaco del Comune, teatro della triste vicenda di cronaca, disponendone la sospensione cautelare.
Il primo cittadino, Antonio Iazzi, aveva chiesto inoltre “la rettifica della denominazione” della serie tv.
“Risulta indispensabile visionarla in anteprima – aveva scritto nel ricorso – al fine di appurare se l’associazione del nome della cittadina all’adattamento cinematografico susciti una portata diffamatoria rappresentandola quale comunità ignorante, retrograda, omertosa, eventualmente dedita alla commissione di crimini efferati di tale portata, contrariamente alla realtà”.
La comunità di Avetrana, “ha da sempre cercato di allontanare da sé i tanti pregiudizi dettati dall’omicidio, dal momento che la tragedia destò sgomento nella collettività, interessata da una imponente risonanza mediatica, che stimolò l’ente a costituirsi parte civile nel processo penale a carico di Misseri Michele” e degli altri imputati.
“Ricordiamo anche – aveva aggiunto il sindaco – che nel luglio del 2022, con atto ufficiale della Regione Puglia, Avetrana è stata riconosciuta ‘Città d’Arte’ e quindi inserita nell’Elenco regionale dei comuni ad economia prevalentemente turistica. A ciò si aggiungano l’accoglienza, l’ospitalità, la generosità e altre peculiarità che da sempre caratterizzano la stessa cittadinanza”.
Levando il nome della cittadina dal titolo della serie, la vicenda si è sbloccata. A commentare la sospensione erano stati proprio il produttore e il regista della serie tv.
Il produttore della serie, Matteo Rovere
“La Costituzione stessa garantisce la libertà degli autori e delle autrici di esprimersi, di raccontare il presente, la realtà, la contemporaneità, anche con l’obiettivo di elevare lo spirito critico e non addormentare chi ci guarda ma provocare riflessioni e analisi“, aveva osservato Rovere, produttore con Groenlandia di “Avetrana – Qui non è Hollywood“, in occasione della presentazione, ad “Alice nella città” alla Festa del cinema di Roma.
“Non dateci però il compito di cambiare il mondo – aveva aggiunto – non credo che la serialità e il Cinema abbiano questo ruolo, ma abbiamo quello di interrogarci sul presente, sull’esistente e avere il coraggio di parlarne. Spesso e volentieri quando le cose arrivano da lontano ci rassicurano perché sembrano non appartenerci, mentre quando sono più vicine si sente una complessità in più. Tuttavia una cinematografia contemporanea deve superare queste paure“.
La versione del regista della serie, Pippo Mezzapesa
“Noi abbiamo raccontato dei fatti emersi dalla verità giudiziale, da tre sentenze, e ci siamo limitati a quello. Non abbiamo in alcun modo voluto spalancare, aprire altre strade. Non siamo giudici, non siamo avvocati, anche se ho studiato legge, e non siamo giornalisti di inchiesta. Mi interessava raccontare una storia per quello che è stato acclarato, per quello che è emerso”: così il regista Pippo Mezzapesa aveva presentato la serie di cui le prime due puntate sono state proiettate alla Festa del cinema di Roma.
Il cast di “Avetrana – Qui non è Hollywood” (Ansa)
Il delitto di Avetrana, nuove dichiarazioni
La miniserie parte proprio dal delitto. A livello giudiziario la storia si è conclusa con la condanna all’ergastolo di Sabrina e Cosima Misseri – cugina e zia di Sarah – per concorso in omicidio volontario aggravato dalla premeditazione. Le due continuano a dichiararsi innocenti e ad accusare Michele Misseri che è uscito dal carcere nel febbraio del 2024 dopo la condanna per soppressione di cadavere e che continua a sostenere di essere l’unico colpevole.
Recentemente le dichiarazioni di Valentina Misseri, sorella di Sabrina, prima, e dello stesso Misseri poi, hanno riacceso i riflettori sul caso.
“Chi ha ucciso Sarah Scazzi? “Mio padre. Ma strasicuro proprio. Secondo me lui ci ha provato con Sarah. Giustamente lei si è rifiutata. E forse lì mio padre ha temuto che Sarah l’avrebbe raccontata a noi anche per salvarsi o per scappare. Quindi secondo me lui è lì che poi l’ha voluta zittire, l’ha voluta zittire per sempre. Buona parte dell’opinione pubblica pensa che io faccia parte di una famiglia di assassini, quindi comunque io vengo chiamata assassina”, ha detto Valentina, intervistata dalla trasmissione Far West su Rai3.
“C’era proprio l’intenzione dall’inizio di prendere mia sorella. Buona parte dell’opinione pubblica pensa che io faccia parte, comunque no, di una famiglia di assassini e comunque sono amareggiati che io stia fuori e non in carcere insieme a mia madre e mia sorella. Nonostante io sia arrivata ad Avetrana quasi due settimane dopo. Ci sono stati momenti in cui ho pensato, mesi dopo, adesso verranno a prendere pure me perché così si accontenta di più la l’opinione pubblica”, ha dichiarato.
La “confessione” di Michele Misseri
Michele Misseri, dopo la scarcerazione, è tornato a vivere ad Avetrana e, a distanza di 14 anni dal delitto continua, inascoltato, ad auto-accusarsi di essere stato lui a uccidere Sarah. Recentemente, intervistato da “Porta a Porta”, ha ribadito la sua “verità”: “La verità è che ho ucciso io Sarah. L’ho detto nei primi interrogatori quando mi hanno arrestato. Mia figlia e mia moglie non c’entrano niente. Io sono colpevole e sono fuori, loro innocenti e sono dentro. La mia vera carcerazione è questa. Io mi stavo uccidendo perché non ce la facevo più ad andare avanti per il rimorso: stavo prendendo il veleno ma poi mi sono detto che Sarah non sarebbe stata mai trovata”.
Il movente sessuale
“Quando Sarah è scesa quel giorno, io l’ho presa di spalle. Io non l’avevo mai vista così vestita come stava, con un costumino e un pantaloncino rosa. Ho allungato la mano, questa è la verità. Lei ha cercato di scappare, mi ha dato un calcio e io avevo paura che lo raccontasse. Qualche giorno prima le avevo dato una pacca sul sedere e lei mi disse che non dovevo farlo più. Questo non l’ho mai detto perché mi è stato sempre impedito di dirlo”, ha dichiarato.