Già a febbraio la Commissione europea aveva proposto agli Stati Uniti di azzerare i dazi su tutti i beni industriali, non solo su auto ma anche su farmaci, chimica e macchinari. Lo ha rivelato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen: “L’Europa è sempre pronta per un buon accordo. Quindi teniamo l’offerta sul tavolo. Ma siamo anche pronti a rispondere attraverso contromisure e difendere i nostri interessi”.
Se da un lato si tratta di una mano tesa per arrivare a un accordo senza passare per una guerra commerciale, allo stesso tempo, Bruxelles non ha alcuna intenzione di “aspettare all’infinito” il “reale impegno” degli Stati Uniti a sedersi al tavolo dei negoziati e quindi va avanti con le prime contromisure anche perché è oramai chiaro a tutti che Trump vede i dazi non come un passo negoziale, ma come una misura correttiva degli squilibri commerciali.
“Finché non vedremo progressi tangibili, lavoreremo lungo tre binari: difendere i nostri interessi attraverso contromisure; diversificare il nostro commercio attraverso nuovi accordi; impedire deviazioni commerciali dannose”, ha spiegato il commissario europeo al Commercio, Maroš Šefčovič in conferenza stampa al termine del Consiglio straordinario del Commercio, riunito a Lussemburgo. “Abbiamo convocato questa riunione per preservare l’unità dell’Ue ed è un obiettivo ampiamente raggiunto”, ha detto il sottosegretario all’Economia della Polonia (presidenza di turno dell’Unione), Michal Baranowski e il ministro dell’Economia tedesco, Robert Habeck, si è detto addirittura “colpito” da questa unità.
In realtà il vicepremier e ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, si era presentato con la richiesta di posticipare a fine mese l’entrata in vigore delle contromisure, per lasciare più tempo alla trattativa. Proposta subito abortita: “Le tempistiche sono dettate da ragioni legali, non è possibile posticipare”, ha replicato Šefčovič. Il capo della Farnesina ha comunque chiarito che l’Italia “non farà nulla che possa ostacolare il lavoro del commissario Šefčovič in cui ha la massima fiducia”. Nessun veto insomma, anche perché per respingere i dazi serve la maggioranza qualificata dei contrari.
Per quanto riguarda la risposta ai dazi americani (che valgono circa 25 miliardi di Euro), la prima parte (per 4,6 miliardi), che era congelata dalla precedente disputa commerciale, entrerà in vigore dal 15 aprile. La seconda, nuova, dal valore di oltre 18 miliardi, sarà applicabile dal 15 maggio. Entrambe saranno votate mercoledì. Dalla lista, secondo quanto riporta il Financial Times, sarebbe stato escluso il bourbon su pressante richiesta di Francia, Italia e Irlanda dopo che Trump aveva minacciato una ritorsione del 200% su vini e champagne.
Tutto questo al termine di una giornata a dir poco caotica. Come spesso accade aveva cominciato Donald Trump in mattinata minacciando senza molti giri di parole di aumentare le tariffe sulla Cina di un ulteriore 50%, a partire dal 9 aprile, se Pechino non ritirerà le sue tariffe di ritorsione del 34% entro domani. In un post sui social media, il Presidente degli Stati Uniti ha anche affermato che “tutti i colloqui con la Cina riguardanti i loro incontri richiesti con noi saranno interrotti”.
Nel pomeriggio si è poi diffusa una notizia che lo steso Trump avrebbe rimandato di novanta giorni l’applicazione delle tariffe doganali. Il caos è esploso quando Fox News ha chiesto a Kevin Hassett, direttore del Consiglio economico nazionale, se l’amministrazione Trump stesse prendendo in considerazione una pausa di 90 giorni e lui ha dato una risposta piuttosto vaga. La Casa Bianca ha poi liquidato la notizia come “fake news”.
Infine Peter Navarro, considerato l’architetto dei piani tariffari di Trump, ha respinto la richiesta di Elon Musk di ‘zero tariffe’ tra Stati Uniti ed Europa, definendo l’amministratore delegato di Tesla: un “assemblatore di auto” che importa componenti da altri Paesi. Il che riporta la discussione a quale sia la buona volontà delle parti, mentre ancora una volta i mercati hanno bruciato miliardi di Euro.