E’ iniziata la lunga lista di audizioni sulla manovra in commissione Bilancio al Senato. Oltre 70 i soggetti auditi tra associazioni datoriali, sindacati e realtà del Terzo settore. Si parte con l’Associazione nazionale per l’industria e il terziario (Anpit), con lo Svimez e con l’Istituto italiano di tecnologia. Si prosegue con le associazioni che rappresentano il mondo immobiliare (da Federcasa a Aigab (Associazione italiana gestori affitti brevi), i rappresentanti dell’autotrasporto, del mondo ambientalista (Legambiente, Wwf, Greenpeace), del terzo settore, della sanità, delle professioni, delle Pmi. In calendario sempre lunedì – tra gli altri – anche Asvis, Mediocredito centrale, Alleanza contro la povertà. Poi i sindacati seguiti da Confindustria, Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, Casartigiani, Cna e gli enti locali.
Si conclude Giovedì 6 con le audizioni in mattinata di Istat, Cnel, Bankitalia, Corte dei Conti, Ufficio parlamentare di bilancio e infine del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti alle 14.30.
I nodi banche e affitti brevi
La Manovra è arrivata in Senato e subito sono arrivate le richieste di correttivi da parte di industriali, associazioni d’impresa e del mondo dei trasporti. Le banche, le più colpite da un gettito aggiuntivo stimato in 9,6 miliardi di euro, hanno mantenuto toni più cauti.
Alla lunga serie di audizioni della commissione Bilancio, riunita sin dalle prime ore della mattina, si è aggiunta anche la voce del presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, intervenuto da Bergamo: “C’è margine per modificare la Manovra, soprattutto perché la misura dell’iper e super ammortamento possa diventare triennale”.
Prudente anche l’ABI, recentemente al centro di ripetuti attacchi della Lega, che aveva minacciato di aumentare il contributo delle banche. Matteo Salvini ha ribadito la richiesta di “qualcosa in più”, definendolo “un bel segnale” se dovesse arrivare.
Nel corso dell’audizione serale, il direttore generale dell’ABI, Marco Elio Rottigni, ha illustrato i conti: le misure previste dalla manovra comporteranno un gettito aggiuntivo di 9,6 miliardi in quattro anni, ma anche mancati ricavi per circa 800 milioni entro il 2030, derivanti dalla minore liquidità che, investita in titoli di Stato, avrebbe prodotto rendimenti certi. L’impatto arriva in un contesto di incertezza, tassi in calo e margini bancari ridotti.
Rottigni ha sottolineato come le banche avrebbero preferito un contributo simile a quello dello scorso anno, un anticipo di liquidità senza effetti sul patrimonio, speranza resa vana dall’aumento delle aliquote Irap, dal differimento della deducibilità fiscale e dallo sblocco delle riserve. Misure che, secondo Bankitalia, non compromettono la stabilità finanziaria. “Le banche continuano a sostenere il Paese e restano disponibili al dialogo, ma l’esborso ricadrà sull’intero comparto, comprese le piccole banche”, ha concluso.
Altro nodo centrale della manovra sono gli affitti brevi. “Siamo molto preoccupati per l’aumento della cedolare secca dal 21% al 26%, una misura che non serve a nessuno”, ha spiegato Maurizio Pezzetta, vicepresidente nazionale FIMAA. La carenza di immobili destinati all’affitto medio-lungo termine, ha sottolineato, “non dipende dagli affitti turistici, che rappresentano meno del 2% del totale delle abitazioni italiane”, quanto piuttosto da fiscalità elevata, contratti poco flessibili e rischio di morosità.
In Senato sono state audite anche Conftrasporto, Confetra, Asstra, Confapi, Alleanza Cooperative, Confimi, Conflavoro PMI e Federdistribuzione. Tra le richieste principali delle associazioni del trasporto c’è la revisione del divieto di compensazione dei crediti d’imposta ai fini contributivi e previdenziali, giudicato “critico per l’autotrasporto merci”. Confetra ha chiesto anche la stabilizzazione dell’Ires premiale per le imprese virtuose, mentre Asstra ha espresso preoccupazione per il definanziamento del rinnovo del contratto Tpl. Confapi e Alleanza Cooperative hanno chiesto interventi per sostenere le imprese gravate dai dazi.
Gimbe, “nella manovra rischio definanziamento sanità pubblica”
Nella manovra 2026 il rischio per la sanità pubblica è “un nuovo definanziamento strutturale”. È l’allarme lanciato dalla Fondazione Gimbe durante l’audizione davanti alle Commissioni Bilancio riunite di Senato e Camera, dove sono stati presentati i dati sull’andamento del Fondo Sanitario Nazionale (Fsn). “A fronte di miliardi sbandierati in valore assoluto, la sanità pubblica ha perso in quattro anni l’equivalente di una legge di bilancio, mentre per cittadini e Regioni crescono liste di attesa, spesa privata e diseguaglianze di accesso”, spiega Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione.
Secondo Gimbe, tra il Fondo sanitario nazionale effettivo e quello che si sarebbe ottenuto mantenendo stabile il livello di finanziamento al 6,3% del PIL del 2022, si registra un gap cumulato di 17,5 miliardi di euro nel periodo 2023-2026. L’apparente aumento delle risorse, sottolinea la Fondazione, nasconde dunque una progressiva riduzione della quota di Pil destinata alla sanità, che dal 6,3%del 2022 scende al 6,05% nel 2027 e al 5,93% nel 2028. Secondo Gimbe, inoltre, oltre 430 milioni delle misure annunciate sono finanziate con fondi di manovre precedenti. La Fondazione propone di rinominare l’articolo 63 in “Fabbisogno Sanitario Nazionale Standard” e di indicare per ciascun anno gli importi effettivi del Fsn, chiedendo un rifinanziamento strutturale per invertire il trend di disinvestimento iniziato oltre un decennio fa.
Gimbe, ‘nella manovra rischio definanziamento sanità pubblica’ Cartabellotta, ‘430 milioni finanziati da fondi precedenti’ (ANSA) – ROMA, 03 NOV – Nella manovra 2026 il rischio per lasanità pubblica è “un nuovo definanziamento strutturale”. Èl’allarme lanciato oggi dalla Fondazione Gimbe durantel’audizione davanti alle Commissioni Bilancio riunite di Senatoe Camera, dove sono stati presentati i dati sull’andamento delFondo Sanitario Nazionale (Fsn). “A fronte di miliardisbandierati in valore assoluto, la sanità pubblica ha perso inquattro anni l’equivalente di una legge di bilancio, mentre percittadini e Regioni crescono liste di attesa, spesa privata ediseguaglianze di accesso”, spiega Nino Cartabellotta,presidente della Fondazione. Secondo Gimbe, tra il Fondosanitario nazionale effettivo e quello che si sarebbe ottenutomantenendo stabile il livello di finanziamento al 6,3% del PILdel 2022, si registra un gap cumulato di 17,5 miliardi di euronel periodo 2023-2026. L’apparente aumento delle risorse,sottolinea la Fondazione, nasconde dunque una progressivariduzione della quota di Pil destinata alla sanità, che dal 6,3%del 2022 scende al 6,05% nel 2027 e al 5,93% nel 2028. SecondoGimbe, inoltre, oltre 430 milioni delle misure annunciate sonofinanziate con fondi di manovre precedenti. La Fondazionepropone di rinominare l’articolo 63 in “Fabbisogno SanitarioNazionale Standard” e di indicare per ciascun anno gli importieffettivi del Fsn, chiedendo un rifinanziamento strutturale perinvertire il trend di disinvestimento iniziato oltre un decenniofa. (ANSA).
