A Pechino sono andato “a festeggiare gli ottant’anni della vittoria del popolo cinese nella sua liberazione, e la vittoria della guerra contro il fascismo e il nazismo. Così era scritto sull’invito”. Massimo D’Alema tiene il punto sul Corriere della Sera, dopo le polemiche per sua la partecipazione alla parata militare organizzata per gli 80 anni dalla fine della Seconda guerra mondiale a cui erano invitati anche Putin e Kim Jong-un.
L’ex presidente del Consiglio non solo motiva e difende la sua scelta ma passa all’attacco e dice che non andando in Cina lo scorso settembre “i leader occidentali hanno commesso un errore. A Pechino era rappresentato, ci piaccia o no, l’80% del genere umano. Isolare l’80% dell’umanità è un’impresa difficile. Mi fa riflettere un certo imbarbarimento”.
D’Alema poi, a proposito poi della presenza di Putin, risponde: “E’ stato ricevuto con maggiori onori negli Stati Uniti che in Cina. Ricordo che nella guerra al nazifascismo i russi hanno avuto venti milioni di morti; che la Russia fosse rappresentata mi pare abbastanza inevitabile”.
E all’osservazione circa la presenza del dittatore nordcoreano Kim Jong-un replica: “C’era il presidente del Parlamento sudcoreano. Qualcuno che avesse maggiore conoscenza e animo più sereno avrebbe notato molti rappresentanti di governi democratici, dall’India all’Indonesia”.
“I cinesi non fanno guerre, non bombardano nessuno. Se costruiamo un muro tra noi e loro è anche più difficile esercitare una necessaria influenza nel nome della libertà e dei diritti umani”, ha detto D’Alema.
