“E’ la fine dell’illusione dello Stato di Palestina. Esulta il ministro israeliano Bezalel Smotrich, falco dell’ultradestra del governo Netanyahu, nell’annunciare l’approvazione definitiva della nascita del nuovo insediamento E1 a est di Gerusalemme, che di fatto taglia in due la Cisgiordania, separandone il nord e il sud e frammentando ancor di più il territorio di un eventuale futuro Stato. “Lo Stato palestinese viene cancellato dal tavolo non con slogan, ma con i fatti”, è il reale obiettivo rivendicato dallo stesso Smotrich, per cui ognuna delle 3.400 nuove unità abitative destinate ai coloni rappresenta “un chiodo sulla bara di questa idea pericolosa”.
Il progetto di nuove colonie, ritenute illegali dalle Nazioni Unite in base al diritto internazionale, è stato condannato dall’Autorità nazionale palestinese che accusa Israele di voler trasformare la Cisgiordania in una “vera e propria prigione” e di voler “minare le prospettive di attuazione della soluzione dei due Stati”. Stessa considerazione avanzata dall’Unione europea che ha rinnovato l’appello a Israele a rinunciarvi: “La politica di insediamento, che comprende demolizioni, trasferimenti forzati, sfratti e confische di abitazioni, deve cessare. Insieme alle continue violenze dei coloni e alle operazioni militari, queste decisioni unilaterali stanno alimentando una situazione già tesa sul terreno e compromettendo ulteriormente ogni possibilità di pace”, ha avvertito Bruxelles.
Mentre da Londra è arrivata la ferma condanna del ministro della Difesa, David Lammy. E anche lo storico movimento pacifista israeliano Peace Now punta il dito contro il progetto il cui unico scopo – denuncia – è “sabotare una soluzione politica per Gaza e la Cisgiordania e precipitare verso uno stato di apartheid binazionale”.
Netanyahu vuole inoltre accelerare l’operazione per occupare Gaza City e alcuni campi profughi limitrofi considerati “le ultime roccaforti di Hamas”, mentre è attesa a giorni la risposta israeliana alla proposta araba per 60 giorni di tregua in cambio di una parte degli ostaggi, già accettata dalla fazione palestinese. Il ministro della Difesa Israel Katz ha approvato il piano di attacco alla città più popolosa della Striscia – che prevede anche lo sgombero verso sud di un milione di palestinesi già stremati – e il richiamo di circa 60.000 riservisti “per portare a termine la missione”. Proprio a sud, vicino a Khan Yunis, l’Idf ha riferito di aver respinto un attacco “su larga scala”, definito dai media israeliani il più massiccio dall’inizio della guerra il 7 ottobre 2023, e di aver ucciso 10 terroristi che avevano tentato di infiltrarsi in una postazione della Brigata Kfir, con un bilancio di tre soldati feriti. Le Brigate Ezzedin al Qassam hanno invece rivendicato il raid, sostenendo di aver causato diversi “morti e feriti” tra i militari.
Come il nuovo insediamento in Cisgiordania, anche l’imminente offensiva a Gaza preoccupa la comunità internazionale. Secondo Emmanuel Macron l’ennesima operazione militare “non può che portare a un vero e proprio disastro per i due popoli e trascinare la regione in una guerra permanente”. Per il capo dell’Eliseo, già ai ferri corti con Netanyahu che lo accusa di “alimentare l’antisemitismo” nel perseguire il riconoscimento dello Stato palestinese, a Gaza serve al contrario un cessate il fuoco, il rilascio degli ostaggi israeliani, il disarmo di Hamas e “una missione di stabilizzazione internazionale” alla quale sta lavorando con Egitto e Giordania.
Al fianco di Israele, si schierano invece saldamente gli Stati Uniti di Donald Trump che definisce Netanyahu “un eroe di guerra” che “sta combattendo”, ha detto il tycoon prima di attribuirsi lo stesso titolo. Tanto che il dipartimento di Stato ha annunciato sanzioni ad altri quattro giudici della Corte penale internazionale, che ha emesso un mandato di arresto per crimini di guerra contro il premier israeliano e il suo ex ministro della Difesa Yoav Gallant, accusando l’organismo di essere “uno strumento di lotta legale contro gli Usa e il loro stretto alleato Israele”. Netanyahu si è congratulato con Marco Rubio per la mossa, “un’azione decisiva contro la campagna di diffamazione e menzogne contro lo Stato di Israele (e il suo esercito) a favore della verità e della giustizia”. Dal canto suo la Cpi denuncia “un attacco alla propria indipendenza” e promette che “continuerà ad adempiere al suo mandato, imperterrita, indipendentemente da qualsiasi pressione o minaccia”