L’assedio alle Generali, la partita delle partite della finanza italiana, riparte da Siena, risorta dopo anni di perdite miliardarie e nel cui cda, accanto agli uomini del Tesoro, siedono quelli di Delfin e Caltagirone. Ma Delfin, la holding della famiglia Del Vecchio e Caltagirone siedono anche in quello di Mediobanca e in quello di Generali.
L’intreccio è complesso e lineare al tempo stesso: i principali azionisti di Mps sono il Tesoro (11,7%), Delfin (9,9%) e Caltagirone (5%), in Mediobanca i pesi delle due famiglie sono ancor più rilevanti: il gruppo Del Vecchio è il primo azionista con il 19,81, e Caltagirone, oggi al 5,5%. Delfin e Caltagirone compaiono poi anche nell’azionariato delle Generali, ma Mediobanca detiene in proprio circa il 13% del gruppo assicurativo. Ora, se l’OPS lanciata da Mps su Mediobanca dovesse avere successo, vedrebbe Delfin come primo azionista del nuovo gruppo, Caltagirone potrebbe posizionarsi intorno all’8%, mentre il Tesoro vedrebbe ridotta la propria partecipazione sotto il 5%. Secondo queste stime i primi tre azionisti arriverebbero a detenere dunque il 29% del capitale: quanto basta per controllare direttamente il Leone triestino.
Il ‘flusso di cassa’ di Generali, continuo e costante: 300 milioni l’anno circa a Piazzetta Cuccia, è certo uno dei fattori dell’operazione, ma la Compagnia ha un valore che va al di là del mero conto economico essendo uno dei gruppi assicurativi più importanti d’Europa. Lo sa bene il governo che Mps l’ha salvato e rifinanziato con un’ultima iniezione di 2,5 miliardi di euro a fine 2022. Risorse senza le quali ora il Monte, pur risanato, non avrebbe potuto tentare questa mossa. Semmai stupisce che l’iniezione di capitale di quelle dimensioni abbia generato un capitale libero da 2 miliardi, come ha dichiarato l’ad del Monte Luigi Lomaglio (ex ad del Credito valtellinese), per un’offerta pubblica di scambio sul capitale di Mediobanca valutato 13,3 miliardi.
L’offerta, che Lovaglio definisce “amichevole”, viene valutata come convincente dal governo. È letta invece come “ostile” da Piazzetta Cuccia, che riunirà il cda la prossima settimana per bocciarla e studiare le difese. Alla benedizione di FdI e della Lega, e alle caute aperture di FI, fanno da contraltare invece le richieste di chiarimenti delle opposizioni a Giorgetti, a cui già nel 2022 Lovaglio aveva prospettato l’integrazione e alla cui azione il Tesoro non ha posto “alcun limite”.
Intanto la Borsa ha dato una sua prima valutazione: Mps perde il -6,9% a 6,49 euro mentre Mediobanca prende il volo mettendo a segno un +7,7% a 16,47 euro azzerando il premio del 5% offerto in mattinata da Mps in uno sconto del 9,3% la sera. Diversi analisti (Morgan Stanley, Kwb, Equita, Jefferies, Ig) hanno sollevato dubbi sulle sinergie ed evidenziato rischi per i ricavi di Mediobanca, giudicando anche basso il prezzo dell’Opas. L’ad di Mediobanca, Alberto Nagel, ha quindi come arma proprio le dimensioni finanziarie dell’avversario. L’Opas offre un prezzo che il mercato sta giudicando troppo esiguo e che potrebbe condizionare quindi gli azionisti nella scelta di aderire. Per rilanciare Siena dovrebbe quindi accrescere l’importo dell’aumento di capitale e chiedere nuovi fondi ai soci, al Tesoro in primis.