Continuano senza sosta le ricerche dell’ultimo disperso, Cristian Casian Molnar, 25 anni, originario della Romania, uno dei tre giovani travolti dalla piena del fiume Natisone a Premariacco, in Friuli, nel pomeriggio dello scorso venerdì.
Sul posto continuano a lavorare sommozzatori, soccorritori fluviali giunti da tutti i Comandi della regione, dronisti, topografi, team speleo e l’elicottero del reparto volo di Venezia. ‘Quarto giorno. Sono tutti qui. Non si molla, portiamo a casa Cristian’, scrive sui social il sindaco Michele de Sabata.
Ieri il fiume ha restituito i corpi di Patrizia Cormos, 20 anni, al secondo anno dell’Accademia di Belle Arti di Udine e di Bianca Doros, 23 anni, arrivata pochi giorni fa dalla Romania per far visita ai genitori. Erano a distanza di circa 300 metri l’una dall’altra. Appena le acque si sono ritirate, gli sforzi dei soccorritori hanno permesso di rinvenire le salme delle due amiche del cuore, di 20 e 23 anni, il cui abbraccio, insieme con Cristian, prima di essere tutti strappati dalla furia della piena del Natisone, ha commosso l’Italia intera.
Il tempo peggiora complicando le ricerche
Dopo la parentesi di bel tempo di ieri, nelle ultime ore si è registrato un peggioramento delle condizioni meteorologiche. Ciò ha provocato una maggiore portata delle acque del fiume Natisone. Inoltre da limpide, com’erano ieri, risultano oggi più torbide. I due fattori complicano le operazioni di ricerca per ritrovare il corpo di Cristian Casian Molnar.
Anche il livello del fiume, che ieri aveva fatto registrate un abbassamento tanto da rendere possibile il ritrovamento dei corpi delle due ragazze, uno sul greto e l’altra sotto un cumulo di ramaglie, oggi si è alzato determinando una situazione meno favorevole in particolare per la squadra di sommozzatori già al lavoro nel scandagliare il corso d’acqua.
La prima vittima della tragedia di Premariacco (Udine) si trovava 700 metri a valle dell’ormai noto ponte Romano, sotto al quale una scarpata imprime al torrente quell’accelerata che ha impedito ai vigili del fuoco, protesi sulla loro autoscala, di intercettare i ragazzi in balia dell’acqua. Il corpo è stato recuperato dai vigili del fuoco, che hanno utilizzato personale specializzato in attività fluviale. Quasi negli stessi minuti, attorno alle 12 di ieri, è riaffiorato anche il corpo dell’altra ragazza, di origine romena: la corrente l’aveva spinta in una zona con anfratti e vegetazione, fino a poche ore prima coperta dal fango trascinato a valle dalla piena di colore marrone. L’hanno avvistata i volontari della Protezione civile Fvg; il recupero è stato effettuato con un elicottero e con il verricello, l’area era ancora insidiosa per poter fare intervenire, in sicurezza, personale di terra.
Si sono così, purtroppo, avverate le previsioni degli esperti, che già dalle 15 di venerdì avevano confidato di disperare di trovare i ragazzi ancora in vita. Un’ipotesi pessimistica che si basava sulle condizioni estreme: quasi in corrispondenza con la tragedia, il Natisone scaricava a valle qualcosa come 250 metri cubi d’acqua al secondo, una velocità decisamente molto elevata.
Altri due elementi erano stati pietosamente taciuti ai familiari: alcuni testimoni oculari avevano chiaramente visto almeno una delle persone coinvolte sbattere violentemente contro la forra e le rocce che si trovano poco oltre il ponte Romano. Inoltre, la temperatura dell’acqua era rigidissima. Nel caso che la traiettoria del fiume avesse miracolosamente espulso sull’argine qualcuno, sarebbe stato necessario individuarlo con assoluta celerità, per evitare un decesso per ipotermia. Sarà, comunque, l’inchiesta della Procura della Repubblica di Udine a verificare la causa esatta della morte delle due ragazze.
Musumeci chiede una relazione sui tempi dei soccorsi
Nel frattempo si tenta di ricostruire la macchina dei soccorsi.
Dopo che il ministro con delega alla Protezione Civile, Nello Musumeci, ha annunciato di aver chiesto, al prefetto di Udine, Domenico Lione, una dettagliata relazione sulle primissime attività di soccorso svolte subito dopo l’allarme lanciato dai tre ragazzi travolti dalla piena del Natisone, la Procura – afferma l’Ansa- starebbe per acquisire i tabulati relativi alle richieste di aiuto.
Il fascicolo, senza indagati, mira solo a fare chiarezza sull’accaduto; anche tra i vari enti deputati istituzionalmente ai soccorsi, è stato aperto un dibattito per eventualmente migliorare i protocolli.
Si discute, ad esempio, se invece di attivare l’elicottero Drago dei Vigili del fuoco, di stanza all’aeroporto Marco Polo di Venezia, non fosse stato più opportuno far alzare in volo l’elicottero sanitario della Sores Fvg, con tecnico del Soccorso alpino a bordo, operativo da Campoformido (Udine), che dista soltanto una manciata di minuti di volo da Premariacco.
Il ministro Musumeci due giorni fa ha postato sul proprio profilo Facebook un messaggio in cui annunciava che avrebbe chiesto al prefetto “una dettagliata relazione sulle primissime attività di soccorso svolte subito dopo l’allarme”.
Circa la ricostruzione dell’accaduto, nelle scorse ore il sindaco di Premariacco, Michele De Sabata, ha reso noto che, da quanto gli è stato riferito da fonti accreditate, una delle ragazze non sapeva nuotare. Può essere questo l’elemento che ha fatto desistere i ragazzi dal tentare di guadare la lingua d’acqua, non ancora mostruosa, formatasi alle loro spalle e che li aveva isolati. Alla base della tragedia potrebbe esserci un ultimo gesto di amicizia. Il lavoro dei soccorritori e delle forze dell’ordine non è finito: l’imperativo è restituire anche Cristian alla sua famiglia.
In Friuli c’è il fratello, che abita in Austria. Non si dà pace. I due erano stati assieme fino a poche ore prima. Poi il giovane in auto aveva raggiunto la fidanzata Bianca, per stare un po’ con lei, approfittando della sua trasferta a Udine per salutare i genitori, che vivono in Italia da tempo.
Anche il papà di Patrizia, una delle vittime, arrivato sul luogo della tragedia, non si muove da lì.
“Nulla mi può consolare”. Sono le parole, raccolte dal Messaggero Veneto, pronunciate dal papà di Patrizia Cormos, la ragazza di 20 anni travolta e uccisa dall’ondata di piena del fiume Natisone. L’uomo, assieme a numerosi parenti, ha seguito in riva al torrente, per oltre 48 ore, le ricerche della figlia e degli altri due ragazzi dispersi. “Sono rimasto qui, non volevo che la mia bambina si sentisse abbandonata”, ha ricordato, in lacrime, quando ha appreso del ritrovamento del corpo.
“Profondo cordoglio” è stato espresso dal governatore Massimiliano Fedriga, anche a nome della Regione Fvg, e dal Comune di Udine, che ha sospeso iniziative di divertimento insegno di rispetto verso i familiari delle vittime.