Il piccolo Tyler non è stato ucciso né dalla madre, né da altri, sulla nave da crociera Silver Whisper. La sua morte, secondo i primi risultati dell’autopsia, è avvenuto per cause naturali. Anche per questo è stata decisa la scarcerazione della madre, la 28enne filippina Chan Jheansel Pia Salahid, che era da lunedì nel penitenziario fiorentino di Sollicciano. La decisione di farla uscire è stata presa dal giudice Sergio Compagnucci di Grosseto in base alla relazione preliminare del medico legale, Mario Gabbrielli. Già in mattinata il gip, dopo aver convalidato il fermo della donna, aveva riqualificato il reato da omicidio volontario a quello di abbandono di minore.
L’autopsia non ha trovato segni di violenza esterna sul neonato, la morte non è stata per fattori esterni. Secondo
un’ipotesi, non viene escluso che il bambino abbia patito un’infezione a causa delle precarie condizioni in cui si
è trovato a nascere sulla nave e nonostante i tentativi della madre di cercare di farlo sopravvivere dopo averlo dato alla
luce il 17 maggio.
Le ipotesi della procura
Nel decreto di fermo si spiegava che il piccolo non avrebbe ricevuto per ore e ore le cure necessarie mentre la mamma sarebbe stata intenta a svolgere i turni di lavoro dopo che non aveva mai rivelato all’equipaggio di essere incinta, per la paura di perdere l’impiego. Quando il neonato doveva restare da solo, sarebbe stato sistemato dentro l’armadietto della cabina per evitare che cadesse da letto, con lo sportello socchiuso per farlo respirare ma anche per attutire i vagiti.
Due colleghe di lavoro, che condividevano con lei la cabina – Mutundu Dorcas Njuguini, originaria del Kenya, di 25 anni, e Mphela Kgothadso Mabel Jasmine, 29enne del Sud Africa, l’avrebbero aiutata a partorire e probabilmente a far sparire il cordone ombelicale, e sarebbero state complici nel coprire il comportamento “irresponsabile” della 28enne filippina nei confronti del figlio appena nato.