Tensione altissima in Parlamento sul caso Almasri. La tanto agognata informativa del governo sul caso Almasri si è svolta in un clima infuocato prima alla Camera, poi al Senato. Con il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, durissimo contro le opposizioni e la magistratura, e le opposizioni all’attacco della premier Giorgia Meloni “patriota in fuga”.
Con i banchi del governo quasi al completo (assente il vicepremier Tajani, Salvini comparirà al Senato), accanto alla sedia vuota della premier Meloni, il Guardasigilli ha parlato di un atto, quello della Corte penale internazionale, “radicalmente nullo”, di un “pasticcio frettoloso”. Interrotto da Angelo Bonelli dei Verdi che lo ha corretto sulle date, Nordio ha alzato gli occhi dai fogli col discorso scritto e concordato con l’avvocato Giulia Bongiorno per accusare i gruppi di minoranza: “Non avete letto le carte, avete discusso sul nulla, non sapevate neanche di cosa steste parlando”. Anche la stampa “ha diffuso in questi giorni tutta una serie di notizie inventate e in parte sbagliate” ma “quello che mi ha un po’ deluso, anche se non è arrivato inaspettato, è stato l’atteggiamento di una certa parte della magistratura – ha detto il Guardasigilli – che si è permessa di sindacare l’operato del Ministro senza aver letto le carte. Questo loro modo di intervenire in modo imprudente, in modo sciatto, rende il dialogo molto, molto difficile”.
Parole che hanno creato scompiglio e proteste dai banchi di Pd, M5s, Avs. “Capisco vi sia una certa delusione – la provocazione di Nordio – ma non ce l’ho con voi”. Sulla scia della linea scelta dalla premier Meloni di scontro frontale con le toghe, l’avvertimento del ministro è per i magistrati: “Se questo è un sistema per farci credere che le nostre riforme debbano essere rallentate” non funzionerà. “L’altro giorno un magistrato ha ringraziato ironicamente il Ministro perché finalmente aveva compattato la magistratura. Sono io che ringrazio questa parte della magistratura, perché ha compattato la nostra maggioranza come mai si era visto: se agli inizi vi erano delle esitazioni, oggi non vi sono più. Andremo avanti, andremo avanti fino in fondo, senza esitazione e fino alla riforma finale”. Parole che strappano la standing ovation del centrodestra.
L’intervento del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi non si è discostato dalle spiegazioni fornite al question time di Palazzo Madama due settimane fa sul caso, il titolare del Viminale ha letto la motivazione nota: Almasri è un soggetto pericoloso, è stato espulso per la sicurezza nazionale. Più tardi, al Senato, Matteo Renzi, definirà Piantedosi “imbarazzato” e Nordio “imbarazzante” per aver fatto “la difesa di Almasri” che “ha violentato bambini e torturato donne e ucciso delle persone e voi lo avete mandato in Libia con un volo di Stato e con il tricolore che ha fatto da quinta naturale alla pagliacciata dei criminali libici”. Citando “Le avventure di Pinocchio”, il leader Iv ha detto sarcastico: “Meloni vuole fare la fatina, ma fa l’omino di burro, forte con i deboli e debole con i forti”, “vile” perché non è venuta in aula ad ammettere che “l’interesse nazionale non è sui migranti ma si chiama Eni”.
Almasri: opposizione contesta intervento Nordio alla Camera, 5 febbraio 2025 (ansa)
Di altro impatto la scelta di Avs. Nicola Fratoianni, verso la fine del suo intervento, mostra infatti la foto di una bambina torturata nel carcere libico di Mitiga, quello di Almasri, e così gli altri parlamentari Avs, che espongono cartelli con foto di prigionieri malmenati. Poi l’Aula si svuota, tutti escono alla spicciolata. Tocca al Senato.
deputati di Avs espongono dei cartelli in aula alla Camera durante l’informativa urgente del Il ministro della Giustizia Carlo Nordio, 5febbraio 2025 (ansa)
Al Senato scintille sull’inchiesta di Salerno
A Palazzo Madama, alla presenza della leghista Bongiorno, che prima di entrare in aula dice ai cronisti di non aver sentito l’informativa della Camera ma di aver letto solo i lanci delle agenzie di stampa, i toni di Nordio sono meno duri ma il dibattito che ne scaturisce non è meno acceso di quello di Montecitorio. In particolare quando Alberto Balboni (FdI) attacca il Pd per l’arresto del tesoriere del partito in Campania in un’inchiesta sui migranti, definendolo “uomo di fiducia di Boccia” che “non poteva non sapere”. Le argomentazioni sono le stesse usate da Giovanni Donzelli (FdI) alla Camera dove a rispondere era stata Schlein: “La differenza – ha detto la segretaria dem – è che noi abbiamo rimosso e sospeso il tesoriere, mentre voi avete una ministra rinviata a giudizio per truffa allo Stato e Meloni non riesce a farla dimettere”.
Al Pd è arrivata la solidarietà di Matteo Renzi: “Balboni ha detto una cosa di rara gravità. C’è un partito da cui non accettiamo lezioni, quello che è ancora a Bibbiano, che ha massacrato le famiglie di Tempa rossa, dell’Unicef, di Banca Etruria, di Open. Voi siete i peggiori giustizialisti”, ha detto Renzi rivolto a FdI.
Il presidente dei senatori di Forza Italia, Maurizio Gasparri, è tornato invece su Lo Voi: “Sulle offese rivolte oggi alla massima autorità di governo ho tralasciato. Ma la Procura della Repubblica di Roma ha pubblicato atti riservati dei servizi di sicurezza, c’è stato un gravissimo comportamento di Lo Voi”. Alessandra Maiorino (M5s), ha replicato: “Gasparri è l’ultima persona che può riferirsi ai servizi segreti, non ha mai chiarito la sua posizione in una società che si occupa di servizi segreti. Gasparri chiarisca e poi punti il dito”.
A chiudere la discussione è stato Lucio Malan, FdI: “Questo è una sorta di Processo del lunedì. Balboni ha fatto un intervento con un finale fortemente polemico, ma veniva continuamente interrotto. E’ stato certamente un intervento polemico, ma nell’ambito di quello che succede in Parlamento”.
Alla fine della giornata resta un muro contro muro.
María del Socorro Flores Liera (Wikipedia)
La carta del Governo è la giudice della Cpi contraria al mandato di arresto
Una lunga carriera diplomatica, iniziata nel 1992 e costellata di incarichi di altissimo profilo, da rappresentante per il Messico alle Nazioni Unite fino all’elezione alla Corte Penale Internazionale nel 2021. María del Socorro Flores Liera è la giudice che si è dichiarata contraria al mandato d’arresto internazionale per Osama Njeem Almasri, divenendo di fatto la carta del governo per evidenziare il “pasticcio” del tribunale dell’Aja, come l’ha definito oggi in Parlamento il ministro della Giustizia, Carlo Nordio. La “dissenting opinion” allegata al documento con cui si chiede l’arresto del criminale libico porta la firma proprio della giudice, l’unica delle tre componenti del collegio contraria.
Nei 17 capitoli del documento, la giudice sostiene che la Cpi non aveva giurisdizione sui crimini compiuti dal comandante libico. Flores ricorda infatti che, anche se può essere corretto che dopo la morte di Gheddafi il 20 ottobre 2011 i combattimenti e i disordini civili siano proseguiti in Libia, “questi eventi non sono correlati a quelli che hanno attivato il deferimento del Consiglio di sicurezza” dell’Onu. La giudice in sostanza sottolinea un tentativo di “forzare un collegamento con gli eventi che hanno attivato la giurisdizione della Corte” perché “anche se può essere fattualmente corretto che una situazione di tumulto in Libia sia in corso dalla Risoluzione Onu del 2011 questo non stabilisce automaticamente un collegamento sufficiente tra le accuse penali presentate dal Procuratore e la situazione così come è stata deferita”.
Sessant’anni il prossimo settembre, María del Socorro Flores Liera si è laureata in legge all’Università Ibero americana, specializzandosi poi in diritto internazionale alla Facoltà di legge dell’Università Nazionale Autonoma del Messico. Come membro della delegazione del suo Paese è stata personalmente coinvolta nel processo di creazione della stessa Corte Penale Internazionale, di cui è stata peraltro la prima responsabile dell’ufficio di collegamento alle Nazioni Unite tra il 2006 e il2007. Prima del giuramento all’Aja, la giudice è stata sottosegretario per l’America Latina e i Caraibi presso il ministero degli Esteri messicano, dove ha ricoperto anche l’incarico di direttore generale delle organizzazioni e dei meccanismi regionali americani e direttore generale degli affari globali.
Nel corso della sua carriera si è occupata di numerosi casi di diritto internazionale e di diritti umani. Ha pubblicato numerosi lavori, in particolare nell’ambito della legge sui crimini internazionali e sul cambiamento climatico. Da giudice della Corte Penale Internazionale ha lavorato su numerosissimi casi, dal Congo alla Palestina fino alle inchieste sul figlio di Muammar Gheddafi, Saif al-Islam, e su Germain Katanga, il comandante congolese condannato per complicità in omicidio e saccheggio e crimini contro l’umanità. Presentando la la sua candidatura alla Cpi, la giudice scriveva di essere “convinta che la giustizia internazionale sia la chiave per raggiungere una riconciliazione duratura e la pace tra le comunità colpite da crimini atroci”. “Vorrei contribuire – concludeva – a raggiungere gli obiettivi dello Statuto di Roma”.