E’ l’unico indagato ed è in carcere da luglio con l’accusa di omicidio, ma del suo Dna non è stata trovata traccia sul luogo del delitto né sul corpo della vittima. La difesa di Louis Dassilva accoglie con comprensibile soddisfazione le conclusioni della perizia genetica sul caso di Pierina Paganelli, 78enne testimone di Geova, uccisa a coltellate il 3 ottobre 2023 nel garage del condominio dove viveva, in via del Ciclamino a Rimini.
“Un risultato determinante – dice l’avvocato Riario Fabbri che insieme al collega Andrea Guidi assiste Dassilva, vicino di casa dell’anziana – che esclude il nostro assistito dalla scena del crimine oltre ogni ragionevole dubbio“. A questo punto rimane il tema della telecamera della farmacia che la sera dell’assassinio ha ripreso un soggetto che, secondo gli investigatori, è Dassilva: una persona con cappellino con la visiera all’indietro, una t-shirt con una scritta sulle spalle e un fagotto bianco nella mano sinistra, con una camminata compatibile con quella del 35enne senegalese.
Sul punto è in corso e si procederà nelle prossime settimane ad un esperimento giudiziale, un incidente probatorio per ricreare le stesse condizioni presenti della sera del 3 ottobre 2023. “Se anche l’incidente probatorio sul filmato della cam3 (la telecamera della farmacia, ndr) darà un esito ugualmente favorevole per Dassilva, provvederemo a presentare istanza di scarcerazione“, aggiunge il legale dell’indagato. Il perito genetico, Emiliano Giardina, ha analizzato oltre 30 reperti, tra tracce, indumenti e oggetti sequestrati a casa di Dassilva. Il Dna del 35enne è stato trovato solo su un coltello da cucina e un pantalone presi nella sua abitazione. A parte la vittima e l’indagato (per i due oggetti) nessun altro profilo è stato isolato. A pregiudicare gli esiti anche la cattiva conservazione, a causa della composizione di muffe che hanno deteriorato alcune tracce.
Anche la moglie di Dassilva, Valeria Bartolucci “esprime una sommessa soddisfazione per quanto appreso dagli organi di stampa“, dice il suo avvocato, Chiara Rinaldi. “D’altronde – continua – è circa un anno che la stessa urla l’innocenza del proprio congiunto in ogni sede. Quello che ora auspichiamo venga fatto, e credo di poter parlare anche per tutte le parti coinvolte in questa orribile vicenda è continuare ad indagare e quindi che si verifichi la paternità di quelle tracce di Dna che ancora restano sconosciute“.