La Procura di Roma è in attesa di ricevere un’informativa dalla polizia postale, dopo la denuncia di un informatico in merito alla diffusione online di numeri di telefono, privati, dei vertici dello Stato. Va precisato che non si tratta di numeri cellulari istituzionali ma di numeri privati, ai quali è legata anche un’email personale. Secondo “Il Fatto Quotidiano” per una mano esperta, ma nemmeno troppo, sarebbe facile procacciarsi il numero privato di Sergio Mattarella, ma anche di Giorgia Meloni o di Guido Crosetto o di Matteo Piantedosi. E per farlo basta collegarsi alle piattaforme che offrono servizi a pagamento di lead generation – ovvero aziende che stilano liste di potenziali clienti interessati a determinati prodotti. Nelle lunghe liste di clienti ci sarebbero anche i 2125 contatti della Presidenza del Consiglio, degli oltre 13 mila dipendenti (ed ex) del ministero della Giustizia, così come i dipendenti del Viminale, Difesa e Inps.
La questione è delicata e chiaramente va stabilito come sarebbero stati acquisiti tali numeri. La vera questione è che se anche le “linee istituzionali” sono al sicuro, come conferma la cybersecurity nazionale, è chiaro che potrebbe emergere un problema di sicurezza. Chi ha dimestichezza nel settore, una volta ottenuto il “numero privato” potrebbe facilmente geolocalizzare gli spostamenti dei vertici dello Stato o dello stesso capo di governo.
Giorgia Meloni alla Camera, immagine d’archivio (lapresse)
Gli investigatori, del Centro nazionale anticrimine informatico per la protezione delle infrastrutture critiche, sono al lavoro: stanno cercando di risalire a possibili soggetti eventualmente collegati ad aziende che avrebbero raccolto i dati per capire la liceità dell’acquisizione delle informazioni personali. Ma la ricerca è complessa e non è detto sia risolutiva, questo perché le piattaforme che offrono servizi a pagamento di lead generation – ovvero la creazione di liste di potenziali clienti interessati a determinati prodotti – hanno sede all’estero. Il quotidiano, in un articolo a firma di Giulio Cavalli e Antonio Massari, dice di aver verificato i numeri di telefono (“Appartengono ai vertici dello Stato e sono tuttora attivi”) e di aver analizzate almeno tre aziende che offrono i servizi sopracitati per appena 50 euro al mese (600 euro l’anno). Le loro sedi si troverebbero negli Usa, in Israele e in Russia.
A lanciare l’allarme è stato l’esperto di informatica Andrea Mavilla, 13 anni in Apple, ferrato in tema di sicurezza digitale. La sua denuncia è iniziata il 17 marzo e ha coinvolto numerosi stakeholder. A credergli è stata la polizia postale. Ora la vicenda è al vaglio anche della Procura di Roma.