Niente da fare per i quattro referendum sul lavoro e per quello sulla cittadinanza. L’affluenza alle urne si ferma poco oltre il 30% per tutti e cinque i quesiti, venti punti sotto il quorum necessario per la validità della consultazione popolare.
Esulta il centrodestra, che si sente rafforzato dall’esito della prova delle urne. Averlo trasformato in un test politico sull’esecutivo Meloni – evidenzia il sottosegretario alla presidenza del consiglio Giovan Battista Fazzolari – poco ha giovato all’opposizione: “Il governo ne esce ulteriormente rafforzato e la sinistra ulteriormente indebolita”.
Si attacca, invece, ai numeri il centrosinistra che rivendica, al di là del quorum, di aver portato a votare oltre 14 milioni di elettori, più di quanti, nel 2022, votarono per i partiti di centrodestra portando al governo Giorgia Meloni. “Ne riparliamo alle politiche”, commenta la segretaria dem Elly Schlein. “Portate rispetto per oltre 12 milioni che hanno votato sì” ai quesiti sul lavoro, dice Giuseppe Conte, aggiungendo: “Noi saremo sempre dalla loro parte”. Per Alleanza Verdi e Sinistra si tratta di un 30% che rappresenta il “cuore dell’alternativa” al centrodestra.
Elly Schlein, Giuseppe Conte presso la Corte di Cassazione, Roma, 05 luglio 2024 (Ansa)
I referendari si aspettavano almeno il 40%
Il risultato, però, è inferiore alle aspettative. Nessuno, fra i partiti dell’opposizione, sperava in un superamento del quorum, ma ci si attendeva una percentuale di votanti tra il 40 e il 45% che avrebbe significato portare al voto più di 20 milioni di elettori. La scarsa informazione sul referendum e la drastica diminuzione della propensione al voto degli italiani sono stati due degli elementi trainanti dell’astensionismo, dicono, insieme alla campagna per il non voto organizzata dal centrodestra.
Maurizio Landini prende atto della sconfitta ai referendum su lavoro e cittadinanza. Parla di “crisi democratica” per la scarsa partecipazione al voto, tendenza che si è andata consolidando negli ultimi 15-20 anni. Critica coloro che nella maggioranza di governo hanno invitato all’astensione, che, a suo dire, si sono assunti una “responsabilità grave”. Non pensa “lontanamente” alle dimissioni, come chiedono esponenti del centrodestra. Anzi, rilancia: i 14 milioni di italiani che si sono recati alle urne rappresentano “un investimento, l’inizio di un lavoro che non può terminare”.

Referendum (Tg1)
Referendum sulla cittadinanza, un voto su tre dice no
“Ha vinto l’astensionismo organizzato ma non ci sentiamo sconfitti”, dice Riccardo Magi, promotore del quinto quesito referendario, perché abbiamo “riportato al centro” un tema importante come la riforma della legge sulla cittadinanza.
Ma è proprio su questo quesito che si registra un dato sul quale il centrodestra non manca di andare all’attacco: mentre in tutti i referendum sul lavoro c’è una schiacciante vittoria per il sì, sulla cittadinanza un elettore su tre ha scelto il no. “Invito la sinistra a rifletterci”, osserva il ministro per i rapporti con il Parlamento Luca Ciriani. “La cittadinanza non si regala” è la considerazione a caldo dal leader della lega Matteo Salvini. L’assalto dell’opposizione, dice più in generale Antonio Tajani, “è fallito”: il ministro degli Esteri sottolinea anche l’opportunità di valutare una modifica della legge sul referendum. Modifica che, invece, secondo i referendari va fatta nel senso di abolire il quorum. Un obiettivo per il quale è già partita una raccolta online arrivata in poche ore a 5mila firme.

Matteo Renzi (Rainews24)
I malumori dei moderati del centrosinistra
L’esito della consultazione non è esente da ripercussioni sul campo largo. “Se il centrosinistra vuole vincere – osserva Matteo Renzi – deve costruire un’alternativa al governo Meloni del 2025 e non al governo Renzi del 2015. Facciamolo”.
Per Carlo Calenda, invece, il referendum è stato “un autogol”. Mugugni anche dalle parti dei riformisti dem. Il referendum è stato “purtroppo un regalo enorme a Giorgia Meloni e alle destre”, rimarca Pina Picierno.