Slitta il confronto tra il governo e i sindacati sulla manovra. La premier Giorgia Meloni, influenzata, a ridosso dell’incontro rinvia l’appuntamento e rimanda tutti a lunedì prossimo, prima data utile visto che la sua settimana proseguirà all’estero con il vertice della comunità politica europea e il Consiglio europeo informale a Budapest. Le richieste dei rappresentanti dei lavoratori restano quindi, per ora, in stand by, in attesa di un segnale dal governo chiamato a rispondere su quella che la Cgil ha definito la “fiera dei tagli”. Ma la maggioranza ha anche altro da gestire: tra le urgenze, decidere a cosa destinare gli 1,3 miliardi di euro del concordato, e come riaprire una finestra, oltre a trovare un compromesso sul canone Rai che la lega vuole tagliare e forza Italia no.
A pochi minuti dall’incontro previsto nella sede del governo la premier Meloni “ha personalmente contattato i leader sindacali”, fanno sapere da palazzo Chigi, per annunciare il rinvio dell’incontro a causa di “uno stato influenzale”, e per fissare la nuova data il prima possibile, ovvero lunedì prossimo alle 8.30 del mattino. I sindacati già consideravano tardiva la convocazione poi saltata, perché arrivata con la manovra ormai in Parlamento e quindi con pochi margini per intervenire. Le aspettative, durante una nuova settimana di attesa, sono destinate a calare ancora di più. Per la Cgil la manovra è insufficiente su molti fronti. Uno su tutti il cuneo, dove c’è “una partita di giro a saldo zero” con i 17 miliardi in più di Irpef per lavoratori e pensionati quest’anno. “Totalmente” deludente anche per la Uil che, in assenza di risposte, assieme alla Cgil mantiene sul tavolo lo sciopero generale del 29 novembre. Diversa la posizione della Cisl che vede alcuni interventi positivi ma si oppone ai tagli nella scuola, nel fondo automotive, e chiede uno sforzo in più sulle pensioni minime. Sulla questione interviene anche la segretaria del Pd Elly Schlein. Non contesta il fatto che, per una influenza, la Premier Giorgia Meloni abbia rinviato l’incontro con i sindacati. Per la segretaria Dem deve essere stigmatizzato il fatto che non si è mai attivato un dialogo, siulla manovra, con le parti sociali.
La prossima settimana, mercoledì, il governo vedrà anche le imprese. Il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, ha spiegato che il lavoro con il governo “per la crescita” è in corso, tanto che anche ieri ha avuto un incontro con la premier. I margini per le modifiche alla manovra restano comunque molto stretti, perché le risorse aggiuntive vengono soltanto dal gettito del concordato di cui ora il viceministro dell’economia Maurizio Leo comincia a dare le prime stime: le oltre 500mila adesioni delle partite iva avrebbero fruttato 1,3 miliardi di euro. “Sembra che il concordato sia andato bene“, spiega Leo, ma evidentemente il governo punta a qualcosa di più. Per questo è in corso una valutazione sulla riapertura dei termini, conferma, sottolineando come ci siano “tutte le condizioni per portare a casa un risultato sicuramente interessante”. L’ipotesi allo studio è un decreto che riapra una finestra da subito, ovvero più rapidamente rispetto ad un emendamento al decreto fiscale o alla manovra. Il gettito del concordato, che inizialmente il ministro Giorgetti e Leo avrebbero voluto destinare ad un’ulteriore riduzione dell’Irpef, ora è “al servizio della maggioranza e del governo, per misure a favore delle fasce più deboli, del ceto medio o per altri interventi. Sarà poi il governo a decidere”, chiarisce lo stesso viceministro. Segno che nella maggioranza la riflessione è ancora aperta, e le posizioni non necessariamente allineate.
Come nel caso del canone Rai, con la lega che va avanti nella sua battaglia affinché resti a 70 euro e non torni a 90 come previsto in manovra. Per questo presenterà, entro la scadenza di questa mattina alle 10, un emendamento nel decreto fiscale all’esame della commissione bilancio del senato. Assieme ad uno che chiede di rateizzare l’acconto Irpef di novembre. Sulla Rai, però, lo scontro nella maggioranza è aperto, tanto che lo stesso vicepremier e ministro degli esteri, Antonio Tajani, è intervenuto per ribadire il ‘no’ al taglio del canone. Il tema resta quello della certezza delle risorse per l’azienda di Servizio pubblico.