“Ho intenzione di andare avanti ancora a lungo”. Lo afferma, in una intervista al Manifesto, la segretaria del Pd Elly Schlein a proposito del suo mandato nel partito. I risultati? “Il giudizio lo lascio alle elettrici e agli elettori, che hanno risposto positivamente. Tanti davano il Pd per morto, e invece abbiamo rialzato la testa e abbiamo ricostruito un’identità chiara sui fondamentali di una forza di sinistra: lavoro, salari, precarietà, sanità. Siamo tornati nelle piazze e nelle fabbriche, c’è stato un importante lavoro di ricucitura che non è finito. C’è ancora tanta strada da fare, tanti cambiamenti, per questo servono energie nuove, il partito deve essere sempre più aperto e accogliente, a partire dai territori. Se guardo a questa settimana, segnalo che abbiamo dato dei segnali di cambiamento molti chiari sulla politica estera e sul lavoro, con il sostegno ai referendum sul lavoro e la cittadinanza”. Il Pd può essere decisivo per il raggiungimento del quorum? “Noi li sosteniamo e faremo la nostra parte per portare al voto più gente possibile. Inviteremo tutti ad andare a votare”, conclude.
“Sul no al riarmo insisteremo. Il Pd plurale ma poi si decide”
“Sicuramente noi italiani siamo i più critici e riteniamo che la strada proposta da von der Leyen non sia quella che serve all’Ue: noi vogliamo una difesa comune, non il riarmo dei 27 paesi. Quel piano non prevede investimenti comuni – spiega Schlein e propone flessibilità per incentivare la spesa nazionale. Ma se non condizioni gli investimenti a progetti comuni non c’è nessun passo avanti” e adesso “continueremo a insistere, sperando di trovare altre convergenze con i socialisti”.
“La nostra proposta – spiega – è quella di un Next Generation da 800 miliardi l’anno sui capitoli sociali, industriali, ambientali e digitali e anche sulla difesa comune. Le priorità devono essere quelle sociali indicate ai tempi del Covid, serve un piano europeo che anticipi l’impatto dei dazi di Trump. E lo stesso coraggio di allora”, osserva Schlein ribadendo che “non è normale non sapere che posizione Meloni ha portato ai tavoli di Parigi, Londra e Bruxelles. Le abbiamo chiesto di venire in Parlamento a spiegarcela, non è venuta. Il problema è che il governo ha tre posizioni diverse: Tajani dice sì alle proposte di von der Leyen sul riarmo, Salvini è contrario e Meloni, nel dubbio, tace. Inoltre non vuole contraddire Trump per ragioni ideologiche, e così relega l’Italia ai margini di una discussione in cui potrebbe essere protagonista. Siamo già passati dalla relazione privilegiata con Washington al ruolo di vassalla di un piano per disgregare l’Ue”.
Quanto alle sensibilità diverse all’interno del Pd sul piano di riarmo Schlein ribadisce, in una intervista al Corriere della Sera, che “siamo un partito plurale, è normale discutere… Poi però la posizione che ha assunto il Pd con il suo organo ufficiale è quella e quella è stata votata senza voti contrari o astenuti. E’ importante discutere ma è importante anche decidere”.